Dieci anni senza le picconate di Francesco Cossiga

Il prossimo 17 agosto saranno trascorsi dieci anni dalla scomparsa del presidente Francesco Cossiga. Un lungo arco di tempo in cui sono accaduti numerosi ed importanti eventi, in particolare guardando alla politica internazionale e italiana. Per nessun altro protagonista della nostra storia recente come per il Presidente emerito credo che ci sia la curiosità di chiedersi, di fronte a quanto avviene nella stretta attualità, “ma che cosa ne avrebbe detto Cossiga?”.
​Sì, perché è ancora viva la percezione nell’opinione comune di come bastasse una sua frase, una battuta, una anche breve considerazione, per centrare un punto rilevante o catalogare in maniera secca una figura pubblica, emergente o affermata che fosse. Da Papa Francesco a Mattarella, da Di Maio a Renzi passando per Trump e Boris Johnson, dal Corona virus alle principali vicende che riguardano gli equilibri politici ed economici fino alle tumultuose questioni della famiglia reale inglese, l’ex picconatore avrebbe certamente saputo dare un’originale e intelligente chiave di lettura a tali accadimenti e ai tanti personaggi che recitano oggi ruoli di primo piano, nello scenario planetario e in quello di casa nostra. Spesso le sue sentenze provocavano reazioni di estrema concretezza, come ad esempio la caduta di un governo o lo stop a un’importante nomina, ben oltre i confini nazionali.
​La grandezza di Cossiga non sta tanto però nel chiedersi, ricordando il suo stile unico quando era ancora in vita, cosa direbbe di intelligente, sarcastico, sagace e ironico su situazioni e personaggi dell’attualità. No, la straordinaria lungimiranza e la lucidità che gli furono proprie sono ancor più riscontrabili analizzando quanto accade per esempio oggi in Italia nelle acque tempestose della magistratura relativamente agli articolati rapporti delle toghe con la politica.
​Resta impressa nella memoria collettiva una trasmissione del 2008 su SKY condotta da Maria Latella in cui il Presidente ridusse al silenzio con pesanti attacchi anche sul piano personale l’allora già potentissimo Luca Palamara, a cui furono indirizzate da Cossiga parole feroci e molto ben circostaziante, compresa la definizione dell’ANM come un’associazione mafiosa e culminate con la famosa frase “e perché non mi querela?”. Palamara restò zitto ad ascoltare la valanga verbale che gli veniva rovesciata addosso e ovviamente non fece nessuna querela. Alcuni difensori d’ufficio si affrettarono nei giorni successivi a dare del pazzo a Cossiga: un po’ come avveniva quando, agli inizi degli anni ’90, lanciava dal Quirinale dei severi moniti all’intera classe dirigente del Paese, e sembrava la soluzione più semplice per tanti quella di liquidarlo come un folle, salvo poi essere tutti smentiti dall’uragano di Mani Pulite che lui aveva previsto con netto anticipo.
​Oggi i fatti confermano quelle parole spese dodici anni fa da Cossiga nei confronti di Palamara e della sua credibilità come magistrato. Parole che riecheggiano in tutta la loro scioccante attualità e che pesano come macigni su quanti provarono allora a mettere in dubbio l’integrità morale e la lucidità di un gigante della nostra storia repubblicana.
​Ai tanti che, nel mondo del giornalismo e in quello della politica, si professano allievi di Cossiga senza averne i titoli e approfittando di non poter essere smentiti dal diretto interessato, questa lezione dovrebbe servire per trarne un prezioso insegnamento: il Presidente poteva permettersi prese di posizione controcorrente e spesso scomode in virtù di una straordinaria intelligenza e di una indiscutibile onestà, oltre a non avere sulle spalle alcun conflitto d’interessi. Definirsi Cossighiani significa portare avanti sopratutto nei fatti il ricordo di una figura la cui modernità è riscontrabile ancora oggi e lo sarà ancor di più in futuro, rispettandone i contorni di assoluta integrità e coerenza nelle parole e nelle azioni.
​Seguendo maggiormente un tale alto e illuminato esempio, potremmo forse trovare prospettive più incoraggianti anche di fronte ai nostri occhi, nel solco tracciato da Cossiga: l’ultimo vero patriota rivoluzionario.