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“Ti uccidiamo se racconti cosa è successo”. Forcella e l’incubo della ‘paranza dei ragazzini’

«Un film dell’orrore, un incubo. Penso spesso: chissà se Veronica un attimo prima di essere travolta si è resa conto. Se ha pensato: ora mi uccidono. Quando l’ho vista riversa in strada priva di sensi ho creduto fosse morta. Venti minuti interminabili prima che la seconda ambulanza riuscisse ad arrivare, mentre vedevo gente scappare. Mentre nel mio ristorante entravano una ventina di ragazzi e minacciavano mio fratello». Nella mente di Raffaele Del Gaudio, il ristoratore di via Tribunali la cui compagna sabato scorso è stata travolta da una moto lanciata a tutta velocità, il ricordo di quanto accaduto si fa via via sempre più nitido.

L’immagine della sua Veronica, quasi uccisa da un possente mezzo a due ruote, mentre era seduta al tavolino all’aperto del suo ristorante, non riesce proprio a cancellarla. Raffaele ha avuto sul serio paura di perderla: la donna è stata in coma farmacologico per dieci giorni. Quanto successo sabato 15 maggio a Forcella, in un pomeriggio di primavera come tanti, non è però una novità per i residenti: i ragazzi del quartiere sono soliti sfrecciare per rimarcare il loro controllo sul territorio. Un incubo che si consuma sotto gli occhi di tutti. Ma Raffaele non ha girato la testa dall’altra parte, nonostante le minacce, ha deciso di denunciare perché ad altri non accada.

Mentre aspettava l’ambulanza Raffaele Del Gaudio è stato accerchiato da una ventina di ragazzini, che l’hanno minacciato: «Ti uccidiamo se racconti cosa è successo». Raffaele Del Gaudio non si lascia intimorire: «Li ho riconosciuti tutti e li ho segnalati. Qui molti si girano dall’altra parte, io non l’ho mai fatto», ha raccontato al «Corriere della Sera»: «Conosco e amo la mia città, ho lavorato in mezza Europa e poi ho scelto di stabilirmi qui perché guai a chi parla male di questa città. Resto al Sud, il progetto imprenditoriale che mi ha permesso di avviare “Cala la pasta”, la piccola attività di ristorazione che gestisco con i miei fratelli, non è stato soltanto un mezzo per ottenere un sostegno economico. Ma una convinzione precisa: Napoli merita sviluppo, i suoi figli non possono tradirla. Abitiamo con Veronica in un quartiere difficile ma per fortuna abbiamo una mente aperta avendo anche viaggiato molto. Non ci spaventiamo, e tutto sommato anche tolleranti. Siamo sì osservatori della criminalità dilagante, dell’assenza di controllo da parte delle forze dell’ordine. Siamo coscienti come tutti che qui si spaccia, si evade dai domiciliari, qui rapine e furti sono quotidiani. E con gli altri commercianti abbiamo sprecato tempo e carta per depositare le denunce. Ma l’amore per la città è sempre stato più forte, anche della depressione per esserci sentiti abbandonati nella terra di nessuno. Adesso, è chiaro, inizio a cedere all’idea di andare via. Quando Veronica starà bene, ne parleremo. Lei si è trasferita dal Cile, dove è nata, cinque anni fa, una donna appassionata di arte e cultura. Capace di cogliere l’attimo con la sua macchina fotografica e rendere bellissima l’istantanea di qualsiasi vicolo del quartiere».

Il ristoratore ha subito le pressioni della «paranza dei ragazzini», sopraggiunta poco dopo l’incidente, ma non ha paura né si vede come un eroe: «Non mi sento il paladino della giustizia ma io so da che parte stare. Qui tutti sanno chi e dove si spaccia. Tutti, forze dell’ordine comprese, non vogliono accorgersi di vicende che conoscono. Qui, e solo in questo tratto di strada, non ci sono telecamere. Ho denunciato con un video tutto questo», ha detto fermo Raffaele.