La maggioranza sai è come il vento. Succede in tante famiglie, in politica è spesso una costante, soprattutto quando le leadership non sono così marcate o accettate. In Sicilia è stato addirittura il matrimonio di questa maggioranza al governo della Regione a nascere viziato.
Ci fu la faida dentro e fuori Forza Italia per fare fuori Miccichè. Fratelli d’Italia, con l’abiura dell’ex coordinatore di Berlusconi a Musumeci, usò la faida interna dei forzisti per puntare su Schifani. Il giorno dopo l’elezione ci furono già i primi problemi sulla scelta degli assessori, non condivisi dal Presidente da loro scelto, in quota meloniana. Da lì in avanti, con acuti sul caso Cannes, la frattura tra i moderati, rinforzati dalla Nuova DC di Cuffaro, e Fratelli d’Italia si è sempre più allargata, tanto che forse sarebbe più congruo un ponte tra queste fazioni che quello sullo Stretto. C’è stato il caso Scarpinato, l’assessore ai Beni Culturali dato in quota diretta a Lollobrigida, accusato di flirtare con De Luca, il candidato presidente arrivato secondo, a Taormina. Poi il caso Trapani, con la richiesta dei meloniani di togliere l’assessore leghista Turano, reo di aver votato gli avversari del sindaco di FdI.
Quest’estate abbiamo assistito allo scontro brutale tra forzisti e fratelli d’Italia sull’aeroporto catanese. Oggi il caso Palermo sul rimpasto, con FdI che dopo aver strappato un assessore in quota Forza Italia chiede, per dare assenso al rimpasto al Comune di Palermo, la poltrona di Tantillo, presidente quasi emerito del Consiglio comunale.
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Di fatto la maggioranza non esiste, se non per l’accordo di potere di un anno fa, che come si può evincere dalla paralisi all’Ars, si è sbriciolato. Da un lato Forza Italia, Lega e Nuova DC, dall’altro FdI e Autonomisti.
Tutto questo con una finanziaria alle porte, la nomina dei direttori generali delle Asp e le europee. Certo se ci fossero tanti soldini da dividere tra i contendenti in Finanziaria una quadra, seppur spartitoria e non politica, si potrebbe trovare, ma di soldi veri e non fittizi non c’è ombra. Il palazzo è ripiegato sugli affari propri, mentre la Sicilia brucia, come ha dichiarato il Vescovo di Cefalù. Quello che accade in Sicilia, dove si manifesta il fenomeno migratorio, che divide anche l’Italia dall’Europa, sembra anticipare quello che molto più sottilmente sta accadendo a livello nazionale. Solo che lì FI è più manza che in Sicilia, e l’antitesi è con Salvini opposto a Meloni. Quello che manca è proprio la politica, capace di tenere insieme interessi legittimi e diritti plurali.
Certo è che il partito della Premier sembra, dalle mosse fatte, essersi pentito delle scelte di un anno fa, almeno in Sicilia. Sarà la nemesi di Miccichè?