di Allbertomaria Moro
Per affermare che l’Italia non é un paese per giovani non serve molto, basta guardarsi attorno: un’età media della popolazione a 46 anni contro la media Europea (comunque il continente più vecchio) a 42.5; un continuo calo delle nascite dovuto a mancata assistenza, e ripeto assistenza non assistenzialismo, alle famiglie, alle madri (ricordiamo giusto per che il periodo di paternità è per legge di 10 giorni salvo abbandono del figlio da parte della madre); un’emorragia di “cervelli in fuga”, termine estremamente stupido che non mostra la reale emorragia di giovani di cui si soffre da anni e che non viene compensato da nessun “cervello di rientro”, che sia “nostrano” o “foresto” per dirla in veneto.
E se tutto questo non bastasse, un reparto scuola, in toto, che dovrebbe educare quei pochi giovani che abbiamo, ma che non fa educazione, bensì fa da sindacato per insegnanti, insegnanti che (graduatorie comprese) hanno un età media di 51 anni (i più vecchi dei paesi OCSE). Eppure, nonostante tutto, siamo ancora qui a raccontarci che, a parte tutto, il nostro sistema educativo va bene, che i test i test Invalsi “cannati” e che le graduatorie OCSE che ci mettono agli ultimi posti dalle primarie all’università sono artefatti di un sistema di valutazione che non valuta realmente, perché diciamoci la verità, a cosa servono la matematica e la logica quando so a memoria tutti i grandi idilli di Leopardi? Che ce ne facciamo di conoscere la storia del XX secolo (XX sta per ventesimo, giusto per gradire) quando sappiamo a menadito tutti i 7 re di Roma? E voglio sottolineare una cosa, la mia non é una critica agli insegnanti, ce ne sono di bravissimi (e io per fortuna li ho avuti) e di pessimi (é anche quelli li ho avuti) come in tutti i lavori, ma loro, bene o male fanno quello che viene chiesto loro di fare, la mia critica é al sistema scuola (dalla primaria all’università e oltre) che si è fermato esattamente a 100 anni fa, alla riforma Gentile.
Gentile, un filosofo che ha servito da ministro dell’istruzione negli anni 20 del Novecento, ma che morì 41 anni prima della mia nascita. Eppure, io, come tutti gli italiani probabilmente in vita oggi, siamo andati a scuola in una scuola disegnata da lui. Ebbene sì, diciamoci la verità, nonostante un numero imprecisato di “riforme” della scuola (4 le più storicamente rappresentative), nonostante un trattato di Bologna che doveva (almeno sulla carta) permettere una livellazione della scuola a livello Europeo, la scuola italiana rimane gentiliana, rimane disegnata su un modello di quasi 100 anni fa, un modello che serviva a creare la classe dirigente fascista, che prevedeva 3 cicli (elementari, medie, superiori) e che doveva “alfabetizzare” un’Italia appena uscita da una guerra… Eppure questo é ancora oggi, dopo 100 anni e almeno 15 correzioni e rettifiche, il sistema scolastico che ci portiamo appresso, e che dovrebbe portare gli studenti ad essere cittadini di un mondo di domani sempre più globale e sempre più ricco di informazioni e conoscenze. Perché? Perché non abbiamo saputo evolvere la scuola fino a renderla realmente fabbrica di sapere e di conoscenza?
Le risposte sono molteplici, semplici e ben conosciute da molti: interesse, pigrizia, paura… Riformare la scuola non é facile, implica capire le necessità del mondo, rielaborarle ed inserirle in un sistema che non permette di essere bloccato. Riformare la scuola é un one shot, non possono esserci test server e periodi di valutazione perché ne andrebbe del futuro degli studenti, ma allo stesso tempo, non si può, per paura lasciare le cose come stanno e concentrarci esclusivamente sugli insegnanti. Ripeto, gli insegnanti sono importantissimi e devono ricevere maggior rispetto in primis dallo stato, ma sono uno dei pezzi che compongono la scuola, magari possono essere visti come la spina dorsale o le fondamenta della scuola, ma sinceramente in una casa di cui si hanno solo le fondamenta ci facciamo poco, servono anche le mura della casa, le porte, le finestre e il tetto, e soprattutto serve che la casa sia collegata, presenti infrastrutture, abbia i servizi igienici e il collegamento alla rete elettrica, perché altrimenti chi andrebbe mai a viverci in quella casa?
Come la casa, così la scuola! Una riforma della scuola deve lavorare proprio su quello, sulle infrastruttura, aggiornare i “cicli” e i programmi, perché il mondo evolve di giorno in giorno e non possiamo pensare di insegare la storia di 50 anni (magari fossero solo 50 anni) fa. C’é bisogno di rimettere al centro lo studente, creare un ambiente che lo stimoli e che sia utile a lui oggi, un ambiente capace di competere con i social e con le informazioni a basso costo, che lo porti ad essere un cittadino del futuro e non del passato (e neanche del presente). C’é bisogno di colmare un divario tra scuola e lavoro che in Italia é abissale e che trova probabilmente ragion d’essere in una scuola troppo teorica e poco pratica. C’é, chiaramente e giustamente, bisogno di apprezzare gli insegnanti, e questo non può essere fatto solo da incrementi salariali (necessari), ma, supporto da aggiornamento e garanzia del percorso (insegnante si sceglie di diventarlo per vocazione non per ripiego). C’é bisogno di creare spazio, spazi di aggregazione mentale e fisica, di creare connessioni e di creare prospettive: se la scuola é educazione riportiamola al centro e se la scuola deve insegnare insegniamo tutto, non solo le “materie canonica” ma anche le passioni (lo sport, la musica, l’arte a tutti i livelli) perché il mondo é di chi ha passione.
C’é bisogno di tutto e tanto altro, e deve essere fatto tutto il prima possibile perché il mondo non aspetta e non possiamo lasciare i nostri figli in una situazione cosi drammatica da mettere a repentaglio il loro futuro. La scuola va cambiata, va rimodernata e questa dovrebbe essere la priorità di ogni partito perché la scuola (la scuola tutta, da insegnanti a studenti a classi ad istituti ed università) é la chiave di una società di successo e se ce lo dimentichiamo a favore di polemiche istantanee, sindacalismi vari, interessi particolari o paura allora é giusto che la nostra società si estingua.