Non c’è stata una volta in cui, toccato il tasto della riforma della Giustizia, non si sia finiti a parlare di separazione delle carriere. Nella scorsa campagna elettorale, l’ipotesi di dividere la magistratura giudicante da quella requirente, è stata cavalcata da tutto il centrodestra. Dello stesso argomento si è discusso ampiamente durante il Congresso dei Penalisti Italiani, svoltosi a Pescara dal 30 settembre al 2 ottobre. Beh, ieri, è stata depositata alla Camera la riforma costituzionale per dividere in due la magistratura: Csm e concorsi distinti. A firmare alla Camera la proposta (bruciando tutti sul tempo) il deputato di Azione Enrico Costa.
Avvocato nella vita, Enrico Costa ha rilanciato la legge d’iniziativa popolare delle Camere penali del 2017, forte di 75mila firme raccolte nei gazebo, ma che non ha avuto fortuna nello scorso Parlamento. I magistrati da sempre continuano ad essere contro, ma Costa è dell’avviso che sia questa la sola strada da percorrere per garantire “una giustizia giusta”. Perché “lo chiede l’articolo 111 della Costituzione”, laddove si parla del “giusto processo”. Possibile, come racconta la relazione alla proposta di legge, solo se “il giudice sia non solo imparziale ma anche terzo, e terzietà non può che significare appartenenza del giudice a un ordine diverso da quello del pubblico ministero”. L’idea di Costa, che si tiene alla larga dai cliché in cui è caduto Berlusconi in passato, è quella di evitare una certa “promiscuità che produce sentenze ingiuste”. Difatti per lui “la separazione delle carriere serve a rendere il processo penale più equo in quanto lo assegna a un giudice terzo a garanzia dell’imparzialità della decisione”.
Non è che un primo passo quello del deputato di Azione, tant’è che si potrebbe anche arrivare ad un referendum. E siamo sicuri che l’iniziativa sarà accompagnata da un forte dibattito. Secondo la legge Costa non solo pm e giudici dovranno far parte di due ordini distinti, ma pure saranno costretti ad affrontare concorsi differenti ed essere promossi e giudicati da due diversi Csm. Ricordiamo che all’interno della Costituzione, non è riscontrabile alcun principio che vieti di separare le carriere di Pm e di giudice, pur considerando la magistratura un unico ordine, così come sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 37 del 2000. Costa tira diritto per la sua strada, convinto di punire così quella “magistratura onnivora che assimila giudici e pm” e in cui “una cultura ibrida tiene innaturalmente uniti l’arbitro e il giocatore”.