Uno degli effetti della crisi aperta dal Movimento Cinque Stelle con la scellerata decisione di non votare la fiducia al Governo uscendo dalla maggioranza, è quella di aver conferito più forza politica alla Lega di Matteo Salvini, già primo partito (di maggioranza) dopo l’uscita di Luigi di Maio dai pentastellati. Infatti, già oggi, Salvini cantava vittoria sul rinvio dei provvedimenti su legalizzazione della cannabis e ius scholae. Evidentemente si contentano di poco da quelle parti perché in generale, da gioire vi è ben poco! A ben vedere, però si tratta di una leggera boccata di ossigeno per il Capitano che non ha molto da ridere visto lo stato di salute del suo partito in piena crisi di credibilità e consenso e, soprattutto agitato da pericolose fronde interne.
Uno dei capitoli più oscuri e meno considerati anche dai media in queste calde settimane estive è quello della Lega Nord. Si ricorderà che dopo l’era bossiana e gli scandali che la attraversarono, Salvini nel 2017 intese sdoppiare il partito fondandone uno sostanzialmente nuovo a sua immagine e somiglianza che chiamò, per l’appunto, Lega Salvini Premier a trazione sovranista e nazional-populista. La Lega Nord, gloria del passato secessionista, poi federalista, poi autonomista, venne commissariata e, di fatto, messa in congelatore.
Adesso i congelati si stanno scongelando e, complice anche la difficoltà palese della linea nazionalista del Kapitano, richiedono il rispetto della legge statutaria e in particolar modo un Congresso Federale che porti alla nomina di Segretario (della Lega Nord perché l’altro lo ha già e non vuol schiodare!). Matteo Salvini dunque dovrà gestire questa ulteriore patata bollente i cui effetti non saranno certo estranei alla più conosciuta Lega Salvini Premier. Con lo sdoppiamento, Salvini si salvò dagli scandali e pure dalle ingiunzioni giudiziarie, attraverso una specie di magia illusionista che però potrebbe avere imprevedibili conseguenze politiche. Ciò perché non va dimenticato né sottovalutato che quel popolo lì, quello della Lega Nord, originario e ortodosso con tanto di ampolle nel Po, ancora fa tanto consenso da quelle parti e, visto che la stella di Salvini si sta offuscando oggi potrebbe rivendicare un posto al sole. Anche perché, la gestione centralistica e personalistica con i candidati paracadutati dall’alto senza dialettica provinciale ha stancato e se prima veniva accettata in nome dell’innegabile consenso del leader, adesso che quel consenso si erode giorno dopo giorno, la soglia di sopportazione si è abbassata.
Da qui la richiesta di Congresso (della Lega Nord) e Salvini ha promesso una riunione del Consiglio Federale che si terrà il 20 Settembre in cui si dovrebbe decidere la fatidica data. Ma prima c’è Pontida e quello sarà il banco di prova per sondare gli umori della base nordista invero più draghiana che sovranista. Insomma un gioco degli specchi, una apparente magia da scatole cinesi che tuttavia rivela non solo la volontà di salvarsi dalle grane giudiziarie ma anche un gioco politico molto rischioso. Perché se Lega Nord e Lega Salvini Premier sono soggetti formalmente diversi, da un punto di vista politico vi è molto di sovrapponibile anche in fatto di “uomini al potere”. Prova ne sia che uno dei maggiori esponenti del nord che chiede il Congresso è Gianluca Pini, militante della prima ora della Lega bossiana e molto vicino politicamente a Giancarlo Giorgetti.
Davanti a tutto ciò, Salvini, come suo solito, alza l’asticella dell’illusione: promette il Congresso nordista ma lo rinvierà a dopo le elezioni. Escluso, infatti, per Statuto che egli possa essere segretario di ambedue le Leghe, pare accordare la linea del doppio partito con doppio segretario, ma a tempo e comodo, e comunque, non prima di essersi giocato l’ultima carta elettorale, a partire dalla composizione delle liste, pure al nord. Insomma un Salvini “lascia o raddoppia” obbligato a questa spregiudicata linea di azione che se non salverà la Lega Salvini Premier dal collasso elettorale, certamente costringerà la Lega Nord a tornare in congelatore.