Salvini e Conte pacifisti di comodo, ma intanto Putin minaccia l’escalation

Galeotta fu la guerra e chi la iniziò. Ciò che il Papeete divise oggi Putin riunisce: Matteo Salvini e Giuseppe Conte sono sempre nuovamente più vicini, in virtù di uno sbandierato pacifismo di comodo che a entrambi serve solo a raccattare qualche voto (sia Lega che M5S in termini di consenso non se la passano benissimo) e a continuare ad allisciare il pelo all’autarca russo che ha invaso l’Ucraina. Conte nei giorni scorsi ha sollevato l’ilarità generale con la cervellotica distinzione tra “armi offensive e armi difensive”, ribadendo contrarietà alle nuove forniture di mezzi in sostegno dell’Ucraina annunciate dal presidente Draghi. Matteo Salvini da parte sua si riveste di pelosa equidistanza e invoca un “tavolo per la pace”, in cui “l’Italia deve essere protagonista del cessate il fuoco”. Lui, proprio lui, l’uomo che avrebbe voluto lasciare i profughi fuggiti dai conflitti africani in balia delle onde nel Mediterraneo oggi parla di pace e amore e prende anche le distanze da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, con cui ancora non è in programma il summit per le Amministrative.

Conte e Salvini, Matteo e Giuseppe, sono quindi di nuovo in corrispondenza di amorosi sensi, uniti dalla lotta interna al governo Draghi e dalla sudditanza a Putin. Il leader M5S invoca inopportunamente la “linea del Piave” come barriera contro l’invio di nuove armi, mentre il capo del Carroccio addirittura arriva ad aggrapparsi al Papa – lo stesso pontefice che tempo fa Salvini invitava a “fare e non parlare” – affermando che non vuole “andare incontro a una terza guerra mondiale, l’esempio da seguire è quello del Santo Padre”.

Tutto questo ostentato pacifismo del duo Conte-Salvini arriva proprio all’indomani della nuova minaccia di Vladimir Putin, che, dopo aver interrotto le forniture del gas a Polonia e Bulgaria, torna a minacciare di dare il via all’escalation con l’utilizzo anche di “armi mai viste prima”. “Se la Russia sarà minacciata, risponderà con mezzi che i suoi avversari non hanno ancora – ha detto Putin in un discorso ai parlamentari a San Pietroburgo -. Devono sapere che ci sarà una risposta, e sarà fulminea. Abbiamo strumenti che nessuno ha e li utilizzeremo, se necessario. Voglio che tutti lo sappiano”. La strategia del terrore continua, ma l’Italia e l’Occidente non si lasceranno intimidire. La necessità di sostenere l’Ucraina in maniera più massiccia l’ha sostenuta oggi anche il generale Claudio Graziano, dal novembre del 2018 presidente del Comitato militare dell’Unione europea e pochi giorni fa indicato come nuovo presidente di Fincantieri. “Non ci può essere alcun dubbio morale sull’invio delle armi all’Ucraina – dice in un’intervista a Il Foglio -. L’invio delle armi è giusto, etico e prudente. giusto perché uno stato sovrano, una democrazia, ancorché imperfetta, è stata invasa da uno stato molto più potente. Etico perché la difesa della patria è un dovere sacro. Prudente perché con l’invio delle armi si manda un messaggio all’aggressore: nessuna invasione può restare impunita”. Salvini e Conte prendano nota.