Riformisti senza Conte, dove sono i Brunetta nel Pd?

In questi giorni molto si è scritto delle voci che dentro Forza Italia tengono dritta la barra del partito verso Draghi e il Governo, l’Europa e i nostri alleati americani. Non può che confortare la presa di posizione di ministri azzurri come Brunetta o l’argine alzato da Maria Stella Gelmini per impedire la ‘sovranizzazione’, qualcuno dice oramai irreversibile, di una forza liberale come quella creata da Berlusconi.

Non è che il Pd però stia messo molto meglio però. Il partito democratico di Letta dice l’opposto del partito cinquestelle di Conte, nonostante le belle illusioni sulla maturazione del movimento di Grillo e le parole buone sul campo largo della sinistra. Su una partita strategica e fortemente simbolica come il nuovo termovalorizzatore di Roma, per esempio, il Pd lo vuole, i grillini no e non è poco. E in ogni caso anche ministri dem per esempio sui temi legati alla modernizzazione del nostro mercato del lavoro non si capisce quale tasso di riformismo abbiano.

In realtà i molti mondi che nei partiti e in parlamento ancora sostengono l’agenda Draghi potrebbero fare di più, e strappare, da Salvini e da Conte, ma per farlo e in una prospettiva elettorale serve una legge proporzionale in grado di sostituire il bipolarismo fallimentare degli ultimi anni. Insomma anche i riformisti del Pd debbono contarsi e contare, anche per dare al Draghi politico pronto a usare la fiducia uno spazio sicuro di agibilità. Il Pd cominci a mettere dei paletti così all’ortodossia pentastellata che Conte ha deciso di riesumare per fare campagna elettorale. Perché se no l’impressione potrebbe essere che i dem si facciano portare a spasso dai populisti.