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Riforme subito o addio futuro: la corsa di Draghi su appalti, giustizia, fisco e scuola

Non è un tema inedito, ma oggi più che mai, con l’opportunità unica e irripetibile rappresentata dai fondi del PNNR in grado di cambiare volto al nostro Paese e renderlo finalmente più libero, più forte e più moderno, l’Italia ha bisogno di riforme. E non perché ce lo chiede l’Europa, o meglio non solo, ma perché serve dare un’impronta diversa al nostro Paese.

Buona Destra è un partito di destra profondamente riformista. Perché all’Italia serve un’economia davvero liberale, basata sulla centralità del mercato e libera dal cancro di una burocrazia che blocca ogni crescita. Non solo: va ridotto il debito pubblico, nemico interno di ogni sovranità. Il controllo della spesa pubblica e dell’indebitamento deve essere una costante nelle decisioni dello Stato e della pubblica amministrazione, evitando elargizioni a pioggia o assistenzialismo fine a se stesso. Come può l’Italia tornare a crescere? Anche attraverso uno shock fiscale che riduca e semplifichi le aliquote per agevolare investimenti e occupazione.

Che all’Italia servono riforme, come da sempre sostiene la Buona Destra, lo ha capito meglio di chiunque altro il premier Mario Draghi, per il quale l’Italia o affronta una imponente stagione marcatamente riformista o rinuncia al futuro. Ecco perché il premier stringe i tempi, accelera nonostante i freni messi dai partititi – soprattutto populisti – della sua maggioranza, spinge l’acceleratore sulle riforme. Il prossimo mese di giugno al riguardo avrà un’importanza cruciale perché ci saranno passaggi importantissimi per le riforme.

A cominciare con il codice degli appalti, su cui la revisione è necessaria e deve essere forte: il nuovo testo punta a rendere più rapida ed efficiente la messa a terra degli investimenti. E poi il programma nazionale per la gestione dei rifiuti – terreno di scontro col M5S, contrari al termovalorizzatore di Roma -, le nuove regole per la sanità territoriale, la scuola. Tutti snodi cruciali da cui dipende il futuro del Paese ma che incontrano la resistenza, vile e legata a interessi particolari e non certo patriotici, della politica. Ieri a fatica è stato raggiunto l’accordo per il DL Concorrenza (che contiene la spinosa questione dei balneari) e la delega fiscale (riguardante catasto, regimi di tassazione del risparmio, revisione dell’Irpef e del sistema delle deduzioni e delle detrazioni).

E poi c’è lei. La madre di tutte le riforme: la Riforma Cartabia sulla giustizia. In attesa del referendum del 12 giugno, la legge, che mira a snellire i processi e a cambiare il Consiglio superiore della magistratura, arriverà in aula al Senato il 14 giugno.

In totale, come spiega oggi il Messaggero, le misure completate sono 122, mentre 551 sono da avviare, 64 in corso, 22 a buon punto e 17 in ritardo rispetto alla tabella di marcia della UE per i fondi del PNNR. La strada è in salita, se si pensa che contro la riforma della scuola (più precisamente della carriera degli insegnanti) lunedì i sindacati scenderanno in piazza.