Recovery Plan e sport italiano

di Alessandro Cini e Claudio Desirò

Le linee guida del cosiddetto “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, il piano per la ripartenza post-Covid 19 necessario come progetto degli Stati membri dell’Unione europea per poter accedere alla parte più consistente del fondo “Next generation Eu”, è stato presentato alle Camere il 16 settembre 2020 e approvato il 13 ottobre. A partire dal 15 ottobre, quindi, è stata avviata dall’Italia l’interlocuzione con la Commissione europea: la scadenza per la presentazione di ciascun piano nazionale è stata fissata al 30 aprile 2021. Circa il “Pnrr” italiano, dal 6 dicembre scorso è arrivato qualcosa di più consistente: un perimetro disegnato intorno alle “missioni” su cui punterà l’Italia e alla suddivisione delle risorse in ballo. Secondo quanto indicato dall’Europa, tra il 2021 e il 2026, l’Italia potrà accedere ad un totale di 209 miliardi di Euro tra sovvenzioni, prestiti ed altri fondi desunti del “Next Generation Eu”.

Il Pnrr si articolerà in sei “missioni” e nella missione “parità di genere, coesione sociale e territoriale” lo sport è stato inserito insieme alle voci vulnerabilità, inclusione sociale e terzo settore: i fondi predisposti per gli interventi sul settore sportivo si attestano a 5,9 miliardi di euro.

Ancora non si conosce, però, su quali capitoli di spesa verranno allocati i 5,9 Miliardi teoricamente destinati al comparto sportivo. Essendo inseriti nella macroarea della parità di genere, viene da pensare che saranno investiti in politiche inclusive e sociali, piuttosto che in opere solide e “concrete”. Politiche che, per essere portate a termine, necessitano di un’ampia opera culturale e legislativa senza la spesa di ingenti risorse.

Risorse, invece, che insieme ad altre allocate in modo ad oggi ancora nebuloso, potrebbero essere fondamentali per la ripresa dell’intero settore e, se gestite in modo adeguato, utilizzabili al contempo su più aree. Viene in mente, ad esempio, la pessima situazione edilizia in cui versano sia gli impianti sportivi che le scuole del Paese. Ci chiediamo, allora, perché non prevedere investimenti per l’edilizia scolastica inserendo, all’interno dei plessi, anche edifici sportivi. Una via che potrebbe essere praticata per riportare lo sport ad un livello centrale nel percorso formativo delle nuove generazioni, assicurando strutture scolastiche e sportive di livello ai nostri territori.

Oppure, visto che il sostentamento economico del mondo dello sport di base è stato totalmente demandato al privato, siano essi gli sponsor, gli investitori o le famiglie che spendono per permettere ai loro figli di praticare la propria disciplina sportiva preferita, si potrebbe agire a livello fiscale. Ad esempio, prevedendo un incremento della quota detraibile dalla dichiarazione dei redditi per le spese sostenute dai nuclei famigliari per l’attività dei minori a carico, oppure estendendo il sistema del credito d’imposta per le sponsorizzazioni sportive anche per chi sponsorizza le ASD in regime semplice.

Ricordiamo che tutti gli studi di settore e le linee guida dell’OMS indicano come ogni Euro investito dalle istituzioni nello Sport produca un risparmio di 4 Euro in 5 anni per il Sistema Sanitario, andando a ridurre considerevolmente l’incidenza di molte patologie, a partire da quelle cardiovascolari. Ogni Euro speso nel comparto sportivo, quindi, sarebbe un investimento proficuo per il nostro paese, non solo a livello sociale e culturale, ma ancor di più a livello sanitario.

Inoltre, resta ancora da comprendere, al netto del dibattito politico in corso sul “Recovery fund”, chi gestirà e come spenderà i fondi stanziati dall’Europa per quel che riguarda lo sport italiano. Non sarà certo sfuggito come la “riformina” varata dal ministro per lo sport, Vincenzo Spadafora, abbia lasciato fuori proprio l’aspetto più consistente, controverso, nonché fonte di attrito, riguardante il nuovo assetto del comparto con i poteri da attribuire al Coni e al nuovo soggetto societario Sport e Salute S.p.A. (già Coni Servizi), direttamente sotto il controllo del ministero dell’Economia e delle Finanze.

E dal CONI, impegnato in un’infinita campagna elettorale interna, continua ad arrivare un’assordante silenzio riguardo tutto ciò che lo sport ha affrontato in questi mesi. Silenzio che si protrae anche quando si parla del futuro del mondo dello sport italiano.