L’innovazione è il vero tallone d’Achille di questo governo. Sono ancora tanti che esortano il centro sinistra a decidere di uscire dalla bolla dell’antifascismo perché qui starebbe la chiave per capire che le vere praterie per conquistare il Paese passano non dalla capacità di usare il passato ma dalla capacità di utilizzare il futuro per mostrare l’inadeguatezza di chi ci governa.
Si continua a dimenticare e volutamente un elemento fondamentale: se fossimo a ruoli invertiti saremmo nelle stesse condizioni. Prendiamo coscienza una volta per tutte che in Italia il conservatorismo cioè la difesa dello stato quo corporativo, antiglobalizzazione, anticapitalistico, è trasversale alla destra e sinistra per cui l’unica cosa che li può distinguere è Almirante o Berlinguer.
L’unica alternativa, e siamo sempre qui con il conto, è quella liberale e non è una questione di masturbazioni celebrali ma come contrastare e chiudere con questa fase della storia italiana che ci portiamo dietro dall’inizio della Repubblica. L’alternativa liberale, siamo ancora qui con il conto, vuol dire cose precise: centralità d’impresa, merito, concorrenza, pari opportunità, responsabilità individuale, doveri e non solo diritti, crescita economica, produttività.
Che senso ha definirsi liberale per poi abbandonare ad un destino cinico e baro tutto ciò, quando dovrebbe rappresentare il proprio DNA. Calenda compie un duplice errore in cui, da un lato vuole ricostruire un PD che non c’è mai stato mettendo al bando il “massimalismo” che estrapolato dalla realtà storica del 900 non vuol dire niente, e esaltando un generico riformismo senza riforme che anch’esso non vuol dire niente.
Dall’altro lato questo passaggio lo inchioda alla difesa aprioristica della prima parte della nostra costituzione che è stata garante in tutti questi anni, tramite la figura del presidente della Repubblica del conservatorismo di cui sopra.
In questo contesto la questione del salario minimo è emblematica. Al di là che rappresenta l’ennesima puntata della propensione, tutta Italia, all’auto inganno cercando di risolvere problemi complessi con un tratto di penna del legislatore, la causa vera è più che conosciuta e che corrisponde alla pluridecennale stagnazione della produttività. Così come la soluzione per spingere i salari più in alto è quella di liberare la produttività: cioè smettere di accapigliarsi sul numero e scendere invece sul campo delle riforme pro-crescita, dal taglio delle tasse, alle liberalizzazioni, dalla pubblica amministrazione alla giustizia, cioè parti fondamentali dell’alternativa liberale che il conservatorismo bipopulista ripudia.
Il salario minimo diventa dunque un feticcio ideologico che rende complici di quella cultura politica che si vorrebbe sconfiggere.
La questione centrale a questo punto diventa l’indifferenza verso i danni che questi provvedimenti ispirati al più becero populismo creano nel sistema economico del Paese e che sono danni permanenti mentre i pochi benefici svaniscono rapidamente, quando in gioco ci sono partite di presunta visibilità politica che nulla hanno a che fare con l’economia reale del Paese.
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La destra che oggi governa è reazionaria? Certo che si ma il continuo lamentarsi per ciò che questa destra è e fa sta progressivamente perdendo senso se alla fine nessuno si adopera per costruire l’alternativa in grado di rappresentare un reale cambiamento politico, economico e culturale.
Ha ragione Cangini quando dice che la gente si mette a ridere quando sente parlare di Terzo Polo ma la soluzione non è il turarsi il naso e ognuno vada dove si sente meno peggio con tutto l’eufemismo del caso visto che ormai la destra e sinistra sarebbe più opportuno definirli social-confusionari di destra e social-confusionari di sinistra e dobbiamo ringraziare il De Angelis di turno che ci rammenta dove stanno le differenze e cioè nel passato, più o meno, nostalgico, più che nel presente.
Smettiamola di fottere i poveri illudendoli con irrealistiche scorciatoie per cercare di accaparrarsi una manciata di voti o peggio ancora di usarli per cercare di riconquistare una presunta e perduta “centralità” politica (del resto mai avuta), facendosi passare per colui che riesce a compattare le opposizioni e contestualmente essere il tramite di dialogo con questo governo. Siamo al terrapiattismo della politica e dell’economia. Gli extraprofitti, il costo dei biglietti aerei, salario minimo: è il meglio del “PCUS” nostrano alla faccia del liberalismo.
L’Italia è sempre dalla parte opposta del libero mercato ma per molti c’è ancora troppo liberismo e così si continua ad ostacolare il settore privato con i conseguenti alti tassi di disoccupazione e povertà visto che è questo che crea ricchezza e posti di lavoro. La soluzione dello Stato ad un problema è dannosa quanto il problema stesso e spesso lo peggiora ma la contraddizione non va cercata in chi crede nello statalismo iperburocratizzato ma in coloro che lo ripudiano a parole per poi sostenerlo nei fatti.
Lavoriamo per dare al Paese il partito nuovo liberaldemocratico, il resto diventa solo noia.