Politica rivoltata come un calzino e coraggio della verità: ecco perché all’Italia per rinascere serve una Buona Destra

Non importa quanto sia profondo l’abisso. La storia d’Italia ci insegna che si può risorgere, che si può rinascere se si hanno la volontà e la capacità per riemergere. E in questi disgraziato giorni di bollettini su morti e contagi, in cui nei nostri occhi restano indelebili le immagini dei feretri portati via da Bergamo con i camion dell’esercito, l’esigenza collettiva di pensare alla rinascita è il guizzo di coraggio che serve all’Italia per affrontare questa prova e cogliere la sfida di ridisegnare il futuro. 

Ma per farlo serve unità. Vale la pena, pertanto, riportare alcuni passaggi di un articolo di Alessandro Campi uscito qualche giorno fa sul Messaggero. Che analizza con lucidità e lungimiranza il momento che stiamo vivendo e le prospettive che l’Italia ha di fronte. “Anche nel dopoguerra gli italiani tornati alla democrazia erano divisi in fronti irriducibilmente nemici – scrive -. Ma se hanno fatto insieme quel che hanno fatto, un grande sviluppo nella libertà per tutti, è perché quelle contrapposizioni avevano un fondo autentico e vissuto, rispondevano a visioni di società tra loro alternative ma che nascevano dalla storia e da una idea positiva del futuro. Mentre le divisioni odierne hanno un che di posticcio e insincero, di puramente propagandistico e strumentale. Piano gli scimmiottamenti ideologici o le riproposizione umorali di un universo storico finito, laddove il mondo odierno ha ben altre urgenze con cui confrontarsi. Dividersi va bene, visto che i conflitti possono anche alimentare il dinamismo sociale, ma perché farlo sul fantasma de Duce o su una festività (il 25 aprile, ndr) che dovrebbe essere di tutti?”. 

La realtà è che tra la classe politica attuale e quelle passate c’è una differenza abissale. Anche nelle divisioni, prima l’Italia era un retroterra comune e condiviso. Oggi è terra di conquista, divisa tra localismi egoisti e comitati d’affari, tra il rifiuto di un’Europa che fa fatica a farsi amare e la venerazione di leader stranieri in deriva autoritaria. Ed è chiaro che la responsabilità principale è di una politica che ha rinunciato a se stessa e al suo ruolo di guida della società. “Oggi, come si vede anche in queste settimane, la politica balbetta, si nasconde dietro altre competenze, non elabora e non propone, sfugge le proprie responsabilità – scrive ancora Campi -. Non affronta la realtà ma pattina su di essa, auto delegittimandosi proprio nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno. Al massimo riesce ad essere pedagogica e paternalistica, involontariamente autoritaria, allorché tratta ancora gli italiani come quel popolo-bambino che dopo la guerra bisognò educare alla democrazia. Solo che da allora sono passati settantacinque anni”. 

Considerazioni più che condivisibili. Soprattutto se si considera che il nostro è un Paese anagraficamente vecchio, ma che avrebbe bisogno invece della vitalità, la freschezza e il dinamismo di un nuovo futurismo intenzionato a scardinare la staticità sociale, il conservatorismo culturale e la strenua difesa dei privilegi acquisiti. 

Però gli italiani vogliono comunque impegnarsi per rinascere lasciandosi alle spalle l’orribile epoca del coronavirus. Servirebbe una politica all’altezza che governasse il processo di rinascita verso un nuovo boom. Una politica che purtroppo non può identificarsi con quella dei partiti che attualmente fanno parte dello scenario attuale, incapaci da una parte e dall’altra di cogliere le sfide della modernità. 

“Non si va lontano senza immaginare una radicale scomposizione di questo quadro, da momento che la premessa per far ripartire economicamente l’Italia è che essa vanga politicamente rivoltata come un calzino – sostiene Alessandro Campi -. Il che significa modernizzare le istituzioni e gli apparati burocratici, ridisegnare il sistema delle autonomie, ridefinirne senza equivoci la collocazione internazionale, riprogettarne le infrastrutture strategiche, sino a realizzare in modo organico tutte le riforme e innovazioni che non si è avuto il coraggio di fare negli ultimi tre decenni”. 

Ma qualcuno è veramente interessato in Italia a raccogliere questa sfida? Campi nel finale della sua riflessione tratteggia ciò che la Buona Destra aspira ad essere nel panorama politico del nostro Paese. “Serve non l’ennesimo salvatore della patria a chiacchiere – conclude – ma un idealista pragmatico, capace di parlare, dopo una lunga stagione in cui sono prevalsi gli imbonitori i dispensatori di promesse e annunci, il linguaggio spesso duro della verità. Proprio per questo raccoglierebbe un vasto e diffuso consenso, avendo gli italiani capito oggi che, come è stato per i loro nonni e padri, senza sacrifici, rinunce e sudore non si realizzerà nessun miracolo terreno, semmai continuerà il nostro lento e inesorabile declino”.