Una piazza, quella di Santa Croce a Firenze, che Sabato ha manifestato a favore dell’Ucraina, che in queste settimane sta vivendo le ore più buie della sua storia a causa dell’invasione russa. Una piazza “non equidistante” che distingue chiaramente chi è l’aggressore e chi è l’aggredito. Una piazza stracolma di donne e uomini, di politici di vari schieramenti, una piazza colorata, viva e solidale che chiede la Pace ma non è disposta ad accettare la pax putiniana.
Era importante esserci, e noi c’eravamo. Buona Destra era presente perché ci sono momenti nella storia in cui una forza politica deve scegliere senza alcuna ambiguità da che parte stare. Perché l’ignavia, il terzismo ipocrita, di fronte ai gravi fatti in Ucraina, assumono i colori tristi della contiguità e quindi della complicità. E noi questo non lo accettiamo. Nel nostro Manifesto valoriale abbiamo scritto chiaramente che ci impegniamo a dire la verità. E questa verità, oggi più che mai dobbiamo gridarla forte per farla udire ovunque. Di fronte alle sirene filoputiniane che dopo anni e anni di propaganda stanno raccogliendo i loro “frutti” malati.
Tesi irricevibili che ammantano dietro un pacifismo di facciata una fondamentale ipocrisia di fondo. Tesi di chi è ben disposto a barattare il proprio sostegno a favore dell’Ucraina per evitare il taglio delle forniture russe. Come se la libertà fosse negoziabile! Come se non potessimo sacrificare qualcosa della nostra comoda equidistanza per un ideale più grande di libertà. Prospettiva allibente in generale, ma totalmente inaccettabile per chi proviene da destra.
La Destra o è libertà o non è! Ecco perché, come Buona Destra combattiamo nettamente il “partito della resa”, cioè coloro i quali, di fronte alla tragedia del popolo ucraino, si affannano a riconoscere le presunte ragioni della Russia, o, spudoratamente, nella convinzione che “tanto Putin vincerà”, ritengono sia meglio assecondarlo. O ancora – nella versione soft – coloro che invocano una resa umanitaria perché resistere all’invasore aumenta i morti ucraini.
Costoro, e qui sta il paradosso, non esitano a incolpare Zelensky, reo di non volersi arrendere di fronte a un atto di aggressione che, bisogna ricordare, è immotivato e non giustificabile da nessun punto di vista. Ecco, a Firenze, ieri, in un commovente collegamento, proprio il Presidente Zelensky ci ha ricordato la verità più semplice, quasi banale: a Kiev in queste ore non si difende solo l’Ucraina, ma si difende l’Europa, i suoi valori e i suoi ideali, attaccati frontalmente dall’espansionismo neo-imperiale russo di chi pensa di poter far tornare indietro l’orologio della storia di secoli.
Oggi, invece, uomini e donne ucraini combattono per la loro terra ma, in realtà, combattono anche per la nostra terra. Combattono per loro, ma al contempo combattono per noi. Perché dal 14 Febbraio gli europei sono ucraini e gli ucraini sono europei. Ucraina frontiera e trincea d’Europa da difendere in ogni modo. Noi tutti vorremmo la pace, vorremmo che questo massacro finisse. Ma non possiamo dimenticare le parole di Gandhi, il quale in un celebre articolo sul Young India del 11 agosto del 1920 scrisse “Credo che nel caso che l’unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza”. Di questo si tratta oggi.
Come poter trattare con chi accetta solo la resa incondizionata? Certo, non dobbiamo arrenderci, dobbiamo continuare a perseguire con forza i canali diplomatici e le sanzioni nei confronti della Russia per arrivare a una tregua che però consenta vere trattative di pace (non quelle invocate dai filoputiniani di casa nostra). Quello che non possiamo né dobbiamo fare, è cedere alla vigliaccheria ipocrita e di comodo di chi, per mantenere i propri agi, fa strame della libertà e della democrazia.
Questo il senso della manifestazione di ieri, in apparenza uguale a tante precedenti manifestazioni pacifiste, ma al contempo, così profondamente diversa. Da Firenze, per un giorno capitale morale d’Europa, è arrivato un segnale forte deciso e inequivocabile. A favore dell’Ucraina e mai “equidistanti”. Era importante essere in quella piazza, e noi c’eravamo!