Riprendiamo la lettera che un lettore ha inviato ad Aldo Cazzullo, uscita stamani nel contenitore “Lo dico al Corriere”, in cui si parla della destra europea. Una missiva in cui ci si interroga sul binomio destra e sinistra, partendo dall’attuale situazione politica. Ha senso ancora parlare di tale divisione? Cosa vuol dire oggi essere di destra? Perché ancora la si associa al fascismo?
“Caro Aldo, destra e sinistra esistono ancora? Macron non è di destra perché annuncia un piano ecologista contro il riscaldamento del pianeta, perché parla di un’Europa indipendente in grado di tenere testa alla Russia? Ma che significa oggi essere di destra?”, le domande di Francesco Barbaglio al giornalista del «Corriere della Sera». “Credo sia interessante leggere quello che oltre trent’anni fa rispose, a una mia lettera sul tema destra e Msi, Indro Montanelli. ‘Cerchi di non contribuire anche lei alla confusione che già regna su questo argomento. lo (in una precedente risposta) cercavo semplicemente di spiegare a un giovane cos’era la Destra storica e di fargli capire che non aveva nulla a che fare con il fascismo, con cui poi è stata fraudolentemente confusa dalla intellighenzia (ammesso che meriti questa qualifica) di sinistra. Gli ricordavo che i campioni politici vanno da Cavour a Giolitti a Einaudi, e i suoi maestri di pensiero da Croce a Ortega y Gasset a De Madariaga a Aron'”, ha proseguito il lettore. Poi le conclusioni: “Credo che ancora oggi, dopo il periodo dell’illusione berlusconiana, ci sia un vuoto da riempire nel panorama politico per rappresentare chi si riconosce nella destra liberale”.
La replica di Aldo Cazzullo deve farci riflettere tutti: “Caro Francesco, grazie per la bella citazione di Indro Montanelli, più che mai di attualità. Siamo l’unico Paese al mondo in cui la parola ‘destra’ sia ancora considerata sinonimo di fascismo. In realtà, il compito della destra nell’Italia di oggi dovrebbe essere quello di ampliare la sfera della libertà. Libertà di espressione, certo. Ma anche libertà di intrapresa. Di commercio, di scambio. Libertà di investire e anche di fare profitti, che devono essere tassati ma in modo equo: il capitalismo è una pecora che può essere tosata, non ammazzata. Sulla libertà in Italia siamo d’accordo tutti, a parole. In realtà, i veri liberali in Italia sono pochi. La solidarietà unisce, ed è giusto. Ma la libertà spaventa. Perché la libertà vuol dire rischiare. Mettersi in gioco. Lavorare duro. Affrontare il pericolo di fallire. Il piccolo imprenditore è guardato con ostilità. È maltrattato da una burocrazia che alimenta se stessa. È preso di mira da un fisco che non aiuta il cittadino e in particolare chi dà lavoro”. E ancora: “Libertà è anche premiare il merito. Significa che chi lavora di più e meglio deve poter guadagnare di più. In Italia accade il contrario. Il lavoro è disincentivato. Viene tassato troppo. È troppo basso il divario tra i salari e i sussidi: molti giovani valutano che lavorare non convenga, e sia meglio aspettare il sussidio magari per arrotondarlo in nero. Ma così restano sempre dipendenti dalla politica. E non possono costruirsi una famiglia, una casa, un percorso professionale. Una vita”.