Per mettere fine al populismo sovranista serve un “Rinascimento Liberale”

“Rinascimento Liberale”, questo dovrebbe essere il titolo del manifesto politico del nuovo partito del Liberalismo italiano. Come il Rinascimento dissolse le tenebre medievali, oggi dovrebbe dissolvere la coltre dell’ipocrisia e dell’incoerenza che annidano la politica italiana, a cui i liberali, che dovrebbero essere gli innovatori, sono succubi di questo malcostume.

Non è il Liberalismo ad essere una cultura “debole”; ad essere deboli sono i liberali, incapaci fino ad oggi di rinunciare alla propria autoreferenzialità e di unirsi per dare vita al partito nuovo del Liberalismo italiano, come vera e unica alternativa al populismo sovranista illiberale destro-sinistra. Il Rinascimento deve partire dal linguaggio della politica, ridefinire un nuovo vocabolario ridando significato alle parole e superare l’inflazionismo dilagante. Il termine liberale non necessita di altri aggettivi come riformista, popolare, progressista, perché sono un tutt’uno con esso senza bisogno di specificare.

La grande lezione di Antonio Martino: il liberale è progressista sempre, perché non c’è progresso senza libertà, e questo lo sanno bene Putin, Hamas, il fondamentalismo islamico dell’Iran, la cui “sopravvivenza” è inversamente proporzionale al progresso economico, culturale e scientifico che solo nei sistemi democratici, dello stato di diritto, è possibile perseguire e realizzare. Tutto non è circoscrivibile dove oggi si combatte: Ucraina e Israele. L’Occidente non ha solo il compito di sostenere questi fronti di resistenza della libertà, ma deve riappropriarsi del valore di quella battaglia politica e culturale che è riuscito a mettere in campo e far prevalere nei confronti del totalitarismo comunista, oggi affievolito e attraversato da un senso di smarrimento, quando invece il 1989 deve tornare ad essere solo una tappa di un percorso che non dovrà mai aver fine perché può cambiare il nemico ma non il fine: democrazia e libertà intesi come un cantiere sempre aperto in continua trasformazione.

Qui sta il senso del Rinascimento. Porre fine alla cultura cattocomunista fioriera del populismo sovranista trasversale che ha condizionato in negativo il Paese fino ad oggi. Porre fine alla retorica antifascista con cui si alimentano i movimenti pro-Putin e pro-Palestina. Considerare l’antisemitismo e l’antisionismo come qualcosa che va oltre la popolazione ebraica e israelita, ma investe la condizione di vita di ogni individuo a prescindere dalla convinzione politica e dalla fede religiosa. Lo scontro di civiltà in atto non è fatto solo di guerra e armi, ma richiede capacità di elaborazione e progettualità di una società che non può non essere fondata sulla persona e sulla massima espressione di sé. Per questo, il Rinascimento liberale deve partire dalla Costituzione e definire il nuovo patto fondativo su cui ricostruire l’Italia liberale.

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Se l’attuale Costituzione rappresenta il patto che è stato possibile realizzare tra il mondo cattolico e quello comunista per ricostruire il Paese e dare vita alla Repubblica, oggi, proprio perché dentro lo scontro di civiltà in atto, dobbiamo andare oltre e scrivere la nuova carta liberale. Dobbiamo affermare il valore di una società centrata sull’individuo, in cui le disuguaglianze non rappresentano il problema, ma il naturale evolversi della vita. Un’Italia liberale deve essere fondata sul merito, sulla competenza, sulla concorrenza, cardini della giustizia sociale, nel quale affermare il valore imprescindibile dell’eguaglianza delle opportunità attraverso cui si dà corpo ai desideri e si ridefiniscono i bisogni. Rinascimento per dire basta con il giustizialismo, con lo statalismo, il giogo della burocrazia, l’assistenzialismo, foriero di conservazione e corporativismo, cardini della cultura della rassegnazione di una società chiusa, che è impegnata a difendere lo status quo e che vive sulle spalle della società aperta, che rischia, si mette in gioco, che vuole essere protagonista del mondo globale.

La mediocre quotidianità della politica concepita come arte del possibile ci dovrebbe indurre al superamento della frammentazione dei liberali, frutto di vicende e storie passate, anche se nobili. Il Rinascimento liberale dovrebbe servire a questo: ridare senso ad un’appartenenza politica, la cui assenza come corpo unitario non è più procrastinabile, per porre fine allo squallido teatrino tra destra e sinistra connesse e intercambiabili nel contesto populista sovranista.