La crisi demografica in Italia sta mettendo in luce l’inefficacia delle misure governative e le contraddizioni interne tra le dichiarazioni di alcuni membri dell’esecutivo. Nel corso del Meeting di Rimini, il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha ribadito l’importanza di sostenere le famiglie con figli, soprattutto quelle numerose. Tuttavia, tali promesse sembrano incoerenti con le politiche adottate dallo stesso governo, in particolare l’innalzamento delle pensioni.
Giancarlo Giorgetti, responsabile del bilancio, ha messo in luce un punto fondamentale: le misure previdenziali attuali non sono sostenibili a lungo termine, data la drastica diminuzione del tasso di natalità. I numeri parlano chiaro: meno di 400 mila nascite all’anno, un tasso di fecondità in picchiata a circa 1,2 figli per donna e un’età media delle madri al primo parto di 32,5 anni. Questo trend ha inevitabili implicazioni economiche e sociali, ma sembra che il governo stia agendo in modo ambivalente.
Le parole di Leo su un possibile sostegno alle famiglie con tre figli o più sembrano una risposta vuota alla situazione critica. Se il governo è veramente impegnato a risolvere la crisi demografica, dovrebbe concentrarsi su misure tangibili che incentivino la natalità. Tuttavia, l’innalzamento delle pensioni, in particolare l’introduzione di nuovi schemi come Quota 41, 102 e 103, sembrano dire il contrario.
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La domanda sorge spontanea: come può il governo giustificare il rafforzamento delle pensioni, un vantaggio per gli anziani, quando l’obiettivo dichiarato è quello di supportare le famiglie con figli? L’allocazione delle risorse è cruciale in questo contesto. Se le risorse sono limitate, come Leo e Giorgetti stessi affermano, allora dovrebbero essere indirizzate verso politiche coese che promuovano una maggiore natalità.
La crisi demografica non può essere affrontata solo con discorsi vuoti o misure contraddittorie. Il governo deve dimostrare un impegno reale attraverso azioni concrete e politiche coerenti.