“Patto per Napoli”, rischio e opportunità dell’accordo

“La nostra sfida è quella di permettere a Napoli di mantenere la centralità che merita ed è una sfida che deve unirci tutti”. Non ha usato mezzi termini il premier Mario Draghi, in occasione della sua recente visita napoletana. Lo scorso 29 marzo, presso la Sala dei Baroni, il Capo dell’esecutivo ha firmato insieme al Sindaco del capoluogo partenopeo Manfredi, l’accordo attraverso il quale il Governo salva di fatto la città dal default.

Ma in cosa consiste questo provvedimento e quali ricadute avrà sulla cittadinanza?

Il contributo complessivo a fondo perduto di 1 miliardo e 231 milioni riservato alla terza città d’Italia, rientra nel quadro della legge n.234 del 30 dicembre 2021, che all’articolo 1 comma 567, riconosce ai comuni sede di capoluogo di città metropolitana, con disavanzo pro capite superiore a 700 euro, un contributo per gli anni 2022-2042, di complessivi 2.670 milioni di euro, da ripartire in proporzione all’onere connesso al ripiano annuale del disavanzo ed alle quote di ammortamento dei debiti finanziari al 31 dicembre 2021, al netto della quota capitale delle anticipazioni di liquidità e di cassa.

Il sostegno è assegnato con decreto del Ministero dell’Interno, d’intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, previo accordo con Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

Una fetta importante di questo intervento è stata destinata proprio alla città di Napoli, che oggettivamente presenta una situazione economico-finanziaria particolarmente complicata a causa di una gestione a dir poco superficiale della cosa pubblica, registratasi negli ultimi 20 anni.

Un intervento significativo quello del Governo che non deve però essere considerato come un regalo, perché l’accordo di recente ratifica, prevede un impegno serio e concreto della classe dirigente locale, in ottica di risanamento dei conti pubblici e di progressiva riduzione del deficit comunale.

Ci sarà in primis la programmazione di una manovra economico finanziaria di lungo periodo, con momento “tampone”, finalizzato a coprire i primi cinque anni di “emergenza”, dove sarà erogato il 40% del contributo (486 milioni di euro) e successivamente un progressivo assestamento che andrà dal 2027 al 2042. Ma il Governo non starà a guardare, poichè la verifica dell’attuazione dell’accordo sarà effettuata, a partire dal 2023 ogni sei mesi.

La norma prevede anche la transazione dei debiti commerciali, con il Comune impegnato a predisporre entro il 15 maggio 2022 il piano di rilevazione dei debiti certi ed esigibili al 31 dicembre 2020, con l’obiettivo di proporre ai creditori un accordo stragiudiziale tra il 40 e l’80 per cento del credito.

Insomma, come più volte ribadito proprio da Draghi alla nutrita platea di giornalisti e politici, lo Stato corre a salvare il Comune, ma non lo farà gratis.

All’ente di Palazzo San Giacomo è richiesto un doppio impegno, uno strutturale (efficientamento del sistema di riscossione e valorizzazione-dismissione del patrimonio immobiliare), e l’altro di natura fiscale, con una previsione di incremento dello 0,1% dell’addizionale comunale IRPEF a decorrere dal 2023 e di un ulteriore 0,1% per il 2024, con incremento della soglia di esenzione a 12.000 euro, rispetto agli attuali 8.000.

Ovviamente sul tema della crescita della pressione fiscale (che fa il paio con l’aumento dei fitti degli immobili comunali, oltre alla auspicabile cura dimagrante per le innumerevoli società partecipate), il Sindaco Manfredi ha astutamente glissato, nella consapevolezza che dopo i lustrini e le pailettes della presentazione solenne, seguirà inevitabilmente un lungo periodo di austerità.