Parliamo di noi: una Buona Destra per ragionare con il mondo

Parliamo di noi.
Parliamo di noi non per guardarci l’ombelico ma per ragionare con il mondo.
Abbiamo deciso di ripartire con il giornale buonadestra.it.
Abbiamo detto che ognuno di noi iscritto al centro studi di cui il giornale è lo strumento si deve sentire editore.

Come editori abbiamo il compito di definire una linea editoriale anche se è un giornale di opinione. Credo che la nostra linea editoriale deve essere il nuovo linguaggio della politica. La politica è come un fiume ma troppa gente ormai si accalca sulle sue sponde a guardare il fiume che scorre comprendendo sempre meno cosa sta passando. Un nuovo linguaggio lo dobbiamo prima di tutto a noi stessi che abbiamo dovuto scontrarci con l’immaginario collettivo imposto storicamente dalla sinistra che associa la parola destra a fascismo quando va bene, se no è violenza, intolleranza, illiberale. Destra è l’opposto di fascismo. La destra moderna, europeista, laica, o è liberale o non è. Essere liberali vuol dire essere tante cose insieme avendo come riferimento il valore fondamentale della libertà. Vuol dire essere conservatore, radicale, reazionario, rivoluzionario e progressista sempre perché senza libertà non c’è progresso che tenga, non c’è futuro, non c’è giustizia sociale, c’è solo il degrado, c’è solo il fascismo quello vero però, non quello farlocco dell’antifascisti nostrani.

Come non riconoscere che tutto ciò assume ancora maggior valenza davanti allo scontro di civiltà imposto dalla guerra, rispetto a cui veramente nulla può essere uguale a prima, con un mondo da ripensare e in buona parte da ricostruire e riorganizzare , dove la difesa della Persona, la battaglia contro i nemici della libertà, contro gli integralisti non finirà con la liberazione dell’Ucraina come del resto non è finita, come ci eravamo illusi, con la fine della guerra fredda. Draghi lo sa chiaramente, infatti dice che deve vincere l’Ucraina. Davanti a tutto ciò la parola moderatismo per una destra liberale non vuol dire nulla, è solo un etichetta per differenziarci da chi si definisce tale senza averne cognizione e diritto.

Ecco la sfida che questo terribile e complicato momento storico ci rinnova e impone e quanta pochissima consapevolezza di ciò dimostra la classe dirigente di questo Paese comunque collocata e che ci rende vulnerabili e in balia degli squallidi personaggi della politica di oggi. Non mentiamo a noi stessi però confinando le responsabilità nell’area vasta del bipopulismo destro sinistro.

Il terzo polo è tornato ad essere quello che era prima delle elezioni: ipotetico.
I presunti leader hanno dimostrato di essere incapaci di uscire dallo schema che non fa altro che prefigurare uno scenario politico imbrigliato nelle logiche di palazzo ma anche nella sudditanza politica e psicologica a chi in questo paese rappresenta quella parte corresponsabile del fallimento del bipolarismo e la sua decadenza nel bipopulismo e servilismo puntiniano: la sinistra.

Quindi mentre si farfuglia di riformismo e massimalismo, mentre si va in cerca di fantomatiche praterie immaginando di conquistarle con vaghe alternative riformiste e dall’altra parte si pensa a mettere insieme strane accozzaglie, la società aperta che, è bene ricordarcelo, non è un etichetta, ma è ceto medio, imprenditori, partite IVA, generazione Erasmus tanto per fare pochi esempi, continua ad essere priva di rappresentanza e si rifugia nell’astensione guardando con sempre più distacco il fiume della politica che scorre.

Occorre il coraggio, quello non avuto fino adesso, di andare oltre, costruire una proposta credibile, seria, liberale nella consapevolezza che questo non può avvenire in settimane o tutt’al più in pochi mesi.
Il tempo perso è perso per sempre ma fuori c’è un Paese da guadagnare ma con onestà intellettuale.
Di liberalismo ce ne estremo bisogno nell’economia, nella società, nelle istituzioni, non possiamo piu tradire queste aspettative.

Dunque l’unico vero discrimine sta semplicemente tra ciò che è liberale e ciò che non lo è, e su questo edificare la nuova casa con pazienza, mettendo al centro i territori, ritrovando e riappropriandosi del significato alto della parola partito in quanto strumento per la vita democratica del paese come sancito dalla costituzione.