Nel risveglio della tragedia di Casal Palocco, Roma, in cui è morto un bambino di 5 anni, le riflessioni di Don Michele Falabretti, responsabile della Pastorale Giovanile CEI, pongono domande cruciali sulla nostra cultura e i suoi limiti, o meglio, la mancanza di questi. “Viviamo in una cultura in cui non si può più limitare nulla, dove tutto è permesso fino a quando non avviene una tragedia”, afferma don Falabretti, ponendo l’accento sulla libertà incontrollata che caratterizza l’attuale società.
Questa affermazione, potente e provocatoria, introduce il dilemma centrale che affronta Falabretti: l’assenza di limiti e regole nel comportamento individuale. Riflettendo sulle implicazioni di questa cultura, Falabretti sottolinea: “Non so se si possa concedere tutto liberamente. Basta un caso per farci inorridire, e poi?” Queste parole ci portano a confrontarci con la questione dei limiti della libertà personale e della responsabilità collettiva.Ma Don Falabretti non si ferma qui. Passa dal tema della libertà individuale alla necessità di un’educazione responsabile, sottolineando l’importanza del ruolo degli adulti: “Dove sono gli adulti? Spesso c’è il terrore di perdere i figli perché non c’è tempo per stare con loro, quindi c’è la tendenza a fare più gli amici che i genitori”.
Le sue parole suggeriscono una riflessione sul ruolo degli adulti, non solo come genitori, ma come membri attivi di una comunità che ha il compito di educare e guidare i giovani.
Questa tragedia ha anche sollevato questioni sulla cultura degli youtuber che intraprendono sfide estreme per guadagnare visibilità online. In risposta a questo, Don Falabretti chiede: “C’è da interrogarsi seriamente – se chi gestisce le piattaforme può rendere pubblico tutto. Uno continua a farlo perché aumentano i ‘like'”. Questo richiamo ci costringe a interrogarci sul ruolo delle piattaforme digitali e su come queste possano influenzare il comportamento dei giovani.
Infine, riconoscendo le reazioni immediate e spesso infuocate dei social media alla tragedia, Don Falabretti riflette: “Tutti partono in quarta, suggerendo cosa si debba fare con i responsabili. La loro vita è già rovinata. La punizione già la hanno. Non credo siano sereni.” Questo commento ci richiama alla complessità della giustizia e alla sfida di rispondere a tali tragedie con compassione e comprensione.
Don Falabretti conclude con un appello all’educazione, insistendo che “il lavoro educativo non è mai finito. I ragazzi devono crescere, devono essere educati ai valori, che sono sempre quelli, gli appelli non sono mai inutili.” Queste parole servono come promemoria finale della continua necessità di impegno e dedizione all’educazione dei giovani, in un contesto che va oltre il caso isolato di una tragedia, ma che richiede una riflessione più ampia sulla nostra società e le responsabilità condivise.