Non è solo il salario minimo che agita il dibattito politico ed economico di questi giorni, dopo la conclusione del Festival dell’Economia di Trento nel quale si sono misurate anche con asprezza diverse visioni dello stato di salute del sistema paese. Il tutto in un contesto internazionale pieno di incognite, dalle ricadute del conflitto in atto in Ucraina all’inflazione che corre, fino alla crisi energetica in atto. Si prospetta, dunque, un’estate calda per il Governo Draghi, stretto da un lato dalla prossima fine della legislatura e l’inizio della campagna elettorale, e dall’altro dalla necessità di mettere in campo soluzioni importanti di sostegno ai redditi e alle imprese.
A tal proposito, l’Esecutivo, nell’attesa della direttiva europea sul salario minimo, sta valutando l’ipotesi di intervenire anche con un deciso taglio del cuneo fiscale-contributivo a vantaggio di lavoratori e imprese. Il rischio di recessione di profila all’orizzonte ed è un rischio che va scongiurato a tutti i costi. Il ministro dell’Economia Franco è stato chiaro sul punto trovando sponda anche nel ministro del Lavoro Andrea Orlando che dalle colonne di Repubblica conferma la necessità di porre mano anche a questo fondamentale aspetto per sostenere la competitività delle aziende. Inutile ribadire la convergenza del presidente di Confindustria, che già da tempo invoca un intervento strutturale sul cuneo fiscale da realizzare il prima possibile, strigliando a ogni piè sospinto la politica e le istituzioni. Indubbiamente l’invocato shock dovrebbe trovare luogo nella prossima legge di bilancio, ma il Governo non esclude di intervenire già prima e precisamente in sede di nuovo decreto Aiuti di prossima emanazione a luglio. Vedremo!
Per adesso siamo ancora alla fase di istruttoria tecnica, sia per “l’antipasto” come lo definisce il Sole 24 Ore, sia per la misura strutturale attesa. Occorre, infatti, capire bene come intervenire e come calibrare le opzioni sulla platea dei potenziali aventi diritto. Sebbene regni ancora cautela e non circolino cifre ufficiali, “rumors” ministeriali lasciano intendere che la somma prevista potrebbe aggirarsi attorno ai 4 o 5 miliardi, peraltro già disponibili. Ulteriore margine rispetto a tale stima pare difficile stante la ritrosia – legittima peraltro – a fare ulteriori scostamenti di bilancio.
Se nella manovra del 2021 era stato previsto un mini intervento, consistente nel taglio di 0,8 punti per chi guadagna meno di 35mila euro, oggi si deve prendere atto che tale misura si è rivelata insufficiente e non ha inciso in modo sostanziale sulle buste paga. Di qui la necessità di aumentare il peso specifico del sostegno alle fasce reddituali più basse tutelando al contempo la competitività delle imprese, senza la quale non è possibile crescere e quindi redistribuire.
D’altra parte, gli ultimi dati OCSE sono impietosi circa l’onerosità del cuneo fiscale contributivo che ha toccato quota 46,5% ( 50% circa se si aggiunge TFR e contributi) e che ci pone come secondo peggior paese dopo il Belgio. Già da tempo, la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e Banckitalia ammoniscono sull’urgenza di mettere in cantiere interventi strutturali in materia e ora è il momento per dar velocemente corso a questi appelli, pur nella consapevolezza delle difficoltà collegate a uno scenario internazionale che rende incerte le stime di crescita del Pil e che sarà necessario anche procedere con ulteriori sostegni ai ceti produttivi a partire dalle prossime settimane.
Il quadro è effettivamente complesso con molte esigenze da armonizzare, e la politica deve saper giocare un ruolo di responsabilità abbandonando ogni velleità propagandistica, aprendo un confronto fecondo che in tempi brevi approdi a decisioni chiare e nette. Da questo punto di vista, effettivamente, ci sono delle ragioni che inducono a un cauto ottimismo. Infatti, mentre sul salario minimo rimangono le divisioni dei partiti anche all’interno della maggioranza, sull’intervento circa il cuneo fiscale, molto positiva è la convergenza che si registra fra tra PD, Lega e Forza Italia non solo sul merito ma anche per garantire alla misura una corsia preferenziale rispetto ad altri interventi. Pare che dunque si inizi a ragionare su un doppio binario di sostegno sia al mondo del lavoro sia alle aziende.
Rimane ancora il grosso capitolo della tutela delle partite iva e dei professionisti che stanno pagando a caro prezzo la crisi degli ultimi anni e che non possono essere ignorati o accontentati semplicemente con misure bonus una tantum; anche quello è un capitolo che presto o tardi dovrà essere affrontato seriamente.