Nella compilazione delle liste oggi si nota più che mai che conta la vicinanza al capo, a scapito del merito e della reale competenza. Per Andrea Cangini, che lo scrive su L’Inkiesta, è uno degli effetti distorsivi di una riforma populista e dannosa che il Pd non ha voluto fermare e che Azione ha sempre criticato.
Emblematica, proprio nel Pd, l’esclusione dell’economista Tommaso Nannicini e quella del costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato tra i più stimati e attivi, a beneficio di… Nicola Fratoianni.
“La dinamica – spiega Cangini – è la stessa di sempre, il risultato è diverso: la prima categoria, quella dei fedelissimi, sovrasta più che mai l’ultima, quella dei migliori e degli intellettualmente liberi. Ne risultano epurazioni di massa, si annunciano gruppi parlamentari monocorde, si comprimono gli spazi per le minoranze e le condizioni per il confronto interno”.
Cangini ricorda anche che quando tutti i segretari dei partiti assecondavano per viltà il vento dell’antipolitica al referendum di due anni fa schierandosi sulle posizioni demagogiche dei grillini di Giggino Di Maio, Carlo Calenda fu l’unico a dichiararsi apertamente contro il taglio della rappresentanza parlamentare. “Sapeva, come sapevamo tutti, che avrebbe perso, ma scelse di difendere comunque l’onore della Politica, la funzionalità del Parlamento, il pluralismo degli eletti. Assistere alla nemesi di questi giorni non consola, come non consolerà assistere a campagne elettorali costosissime disputate in collegi monstre e alle successive disfunzioni di un Senato ridotto a 200 senatori”.