Nel nome di Rinaldi. Le contraddizioni della destra sull’unanimità europea

Chi è Antonio Maria Rinaldi? Europarlamentare della Lega, ha basato la sua carriera politica sulla retorica del “No euro”, supportandola con falsità di qualunque tipo pur di portare avanti la sua visione anti-europea.

Perché ne parliamo? Rinaldi rappresenta perfettamente non solo il suo partito, ma tutto ciò che è il centro-destra oggi, con le sue contraddizioni e le sue fallacie. Rinaldi ieri festeggiava. Lo faceva perché il Parlamento europeo – anche grazie ai voti della Lega – in una risoluzione sulla riforma dei trattati ha rigettato il principio della fine dell’unanimità. Si era finalmente provato a passare ad una forma con voto a maggioranza super qualificata (quattro quinti degli stati membri e almeno il 50 per cento della popolazione), almeno per alcuni settori sensibili, come la procedura dell’articolo 7, utilizzato per sanzionare i paesi che violano lo stato di diritto.

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Ma in fondo cosa ci si può aspettare da Rinaldi. E dalla Lega. Il problema è un altro. Il problema è Fratelli d’Italia. Il partito del Presidente ha votato anch’esso a sfavore della fine dell’unanimità. Eppure Meloni professava la necessità di un’Unione Europea che si occupi delle grandi sfide. Come ciò possa avvenire con un veto che permette a un solo paese (prendiamo, per puro esempio, l’Ungheria) di tenere in ostaggio l’intera Ue sulle più disparate questioni di primaria importanza (come le decisioni sull’Ucraina, dai negoziati di adesione agli aiuti finanziari, dal sostegno militare alle sanzioni). Orban festeggia, chissà se insieme a Rinaldi. Meloni si unirà a loro? Sarà contenta per l’alleato sovranista? O penserà al rischio che l’amico Victor blocchi i finanziamenti sui migranti? O perché non la capacità di Zelensky di difendere la sua nazione? Tanto basta un voto.

Chissà se poi, in sede di Consiglio europeo, deciderà di riformare i trattati. Dubbi e interrogativi che se non risolti rischiano di ritorcersi contro Meloni. Sicuramente contro gli interessi dell’Italia in Europa. Ma ad oggi in fondo la contraddizione la fa da padrona. Soprattutto nella destra di Governo. Nel nome di Antonio Maria Rinaldi.