marina valensise

“Macron in guerra con l’astensione, Le Pen cambia trucco ma il suo problema si chiama Putin”

“Macron ha vinto le elezioni del 2017 sul crollo dei partiti tradizionali, sia la destra gollista sia i socialisti. Da allora, è rimasto fedele a un’idea centrista e trasversale nell’intento di rifondare il discorso politico francese andando oltre le contrapposizioni ideologiche. Macron oggi è in cerca di unità non solo alle Presidenziali ma anche in vista della nuova maggioranza parlamentare che uscirà dalle elezioni Legislative di giugno,” parliamo con Marina Valensise, giornalista, scrittrice e già direttrice dell’Istituto italiano di cultura a Parigi, delle imminenti elezioni presidenziali in Francia, a partire dalle dichiarazioni dello scrittore Emmanuel Carrère.

Valensise, Carrère dice che Macron oggi incarna una destra dignitosa e liberale.

In realtà, Emmanuel Macron, presidente e candidato alla sua successione, rappresenta varie istanze liberali, di destra, di sinistra e di centro. Forse Carrère aveva in mente questo per definirlo un esponente della destra liberale. Il Macron ‘di destra’, in questo caso, si contrappone alla destra estrema e sovranista e dunque ai suoi diretti competitori.

Marine Le Pen ha qualche chance di diventare presidente?

In politica non c’è niente di prevedibile e al momento nessuno è in grado di misurare l’attendibilità delle risposte che i francesi danno nei sondaggi. Sappiamo che c’è uno scarto di 4 punti tra Macron, favorito della corsa, al 28 per cento, e Marine Le Pen al 24. Ma negli ultimi due anni abbiamo assistito a un netto cambio di strategia da parte di Marine Le Pen: dalla protesta alla proposta, come si diceva una volta, dallo choc al soft. Un’operazione di cosmesi politica per rassicurare i suoi elettori e attirarne di nuovi grazie alla metamorfosi dell’ex pasionaria dell’estrema destra nazionalista e xenofoba.

Potrebbe essere sufficiente a sconfiggere Macron?

Le Pen si è molto ammorbidita nei toni e nell’immagine che ha dato di sé, cercando di accreditarsi come una candidata credibile alla presidenza della Repubblica. Nel 2017 non c’era riuscita. Finì in ballottaggio con Macron, ma nei dibattiti televisivi diede prova palese di incompetenza.

Visto quello che sta accadendo in Ucraina, le strette di mano con Putin non aiutano…

Effettivamente, Marine Le Pen si trova in una situazione paradossale. Si presenta ai francesi come la paladina dell’indipendenza nazionale, ma deve rimborsare un prestito multimilionario ottenuto nel 2014 dalla banca degli oligarchi e dei militari più vicini a Putin per ripianare i debiti del partito del padre. Si gioca la bandiera del sovranismo, ma per finanziare la sua campagna elettorale ha ottenuto in presto altri 9 milioni di euro da una banca ungherese. Dopo l’invasione dell’Ucraina ha dovuto buttare al macero quintali di volantini che la ritraevano mentre stringeva la mano di Putin al Cremlino.

Quanto impatta la guerra sul voto francese?

Tutti i protagonisti di questa campagna elettorale hanno cercato di evitare l’argomento, per stemperare i toni. E’ una campagna assai pudica. Nessuno in Francia affronta le responsabilità politiche del passato. Del resto, non mi sembra che i candidati abbiano altre alternative davanti ai massacri di civili innocenti in Ucraina. Per Marine Le Pen che adesso tende la mano ai rifugiati ucraini, è davvero difficile rivendicare la difesa dell’annessione della Crimea e la critica delle sanzioni contro la Russia di otto anni fa.

Che accadrà al ballottaggio?

Molto dipenderà dalla capacità che avranno i candidati di federare consensi in vista del ballottaggio: quanti voti saranno in grado di drenare dall’elettorato dei candidati bocciati al primo turno? A cominciare da quello del populista sovranista Zemmour, che sogna di tornare alla Francia di De Gaulle, alla grandeur degli anni Sessanta, senza emigrati e senza globalizzazione. Ma la vera incognita è la riserva di voti dell’estrema sinistra di Mélenchon. Il populista della sinistra sovranista radicale è al 15 per cento. E ieri Marine Le Pen si è detta pronta a governare in nome dell’unità nazionale sia con la destra che con la sinistra. Una mossa da non sottovalutare.