L’ossessione del consenso istantaneo

Il consenso, istantaneo, immediato, senza compromesso. Cosa succede quando un Paese smette di comprendere il senso stesso di società, cioè di compromesso?

Cosa avviene quando l’elettorato pretende di avere effetti politici immediati e quando pretende di poter mettere bocca in ogni questione?

Sembra lo scenario perfetto per la democrazia diretta: il compromesso esiste lo stesso, ma il cittadino ha facoltà nonché dovere di mettere bocca in tutte le questioni sociali. Ma c’è un problema: come lo stesso Rousseau sosteneva, questo sistema funziona solo in piccole realtà, non su grandi territori.

L’Italia ha la struttura di una democrazia rappresentativa, ma elettori e politici sembrano essersi dimenticati della separazione del lavoro e delle competenze.
Così ognuno vuole tutto subito, dimenticandosi la realtà.E chi non dà tutto subito non viene rieletto. I politici si sono adeguati a quella che in economia  si chiama competizione a ribasso, o paradosso di Bertrand se vogliamo andare nello specifico.

E di questo clima sono complici in primis la classe dirigente, la stessa che, chiamata a svolgere un lavoro in modo professionale, per propria incompetenza ogni tot anni ridà la parola all’elettorato. Elettorato il quale, felice di poter contare qualcosa, non si rende conto che più è chiamato a fare il lavoro dei politici e meno funziona la democrazia.

Se chi è pagato per occuparsi della politica passa costantemente la palla all’elettore, allora che senso ha il suo lavoro? Come può funzionare una democrazia rappresentativa se governati e governanti si rimbalzano la responsabilità della cosa pubblica in una spirale di tossica dipendenza, in cui i governanti lasciano sempre più spazio ai governati di fare il proprio mestiere e in cui i governati si aspettano l’impossibile dalla cosa pubblica? Quanto può durare un sistema in cui il programma politico oscilla di sondaggio in sondaggio e dove il termine di azione politica ha una visione massima di due mesi?

Questo fenomeno, che ora potremmo scherzosamente chiamare Sondaggiocrazia, potrà un giorno trasformarsi in una vera emergenza istituzionale che richiederà forti azioni di riforma istituzionali su grandi schemi.

Incantati dall’eterno immediato, incapaci di astrarci dall’oggi per capire dove andare da qui a vent’anni, l’Italia si incammina verso un declino già da tempo visibile.

Solo una classe politica istituzionalizzata che ragioni su lunghi periodi, pur perdendoci nei sondaggi, potrà guidare l’Italia dal vortice implosivo in cui sta precipitando.