Lo stop al referendum sul fine vita è il fallimento di una politica incapace di assumersi le proprie responsabilità

Quaranta mesi.

Sono passati quaranta mesi da quando la Corte Costituzionale ha chiesto alla politica di fare una scelta su fine vita e suicidio assistito, temi oggi al centro della polemica per la bocciatura del referendum da parte della Consulta. Una scelta che significava fare ciò che chi siede nelle aule di Camera o Senato è chiamato a fare: legiferare.

La politica, la buona politica, anche e soprattutto sui temi etici non può ridursi al codardo mantenimento dello status quo, al non fare per evitare di sbagliare, al “cambiare tutto per non cambiare niente” di gattopardesca memoria. La politica, la buona politica, è la scelta responsabile dell’assunzione di responsabilità. E’ capacità decisionale anche su temi scomodi. E’ visione futura contro l’ossessione di un immutabile presente.

La politica è, al di là del bene e del male, individuare una strada da percorrere. Sta al Parlamento portare a termine l’iter legislativo sul fine vita e sul suicidio assistito, indipendentemente dall’utilizzo dello strumento referendario. Il fallimento che oggi in molti attribuiscono alla bocciatura del quesito referendario è in realtà il fallimento di una cattiva politica incapace di assumersi la responsabilità di prendere decisioni.