C’eravamo tanto amati, ma quello che si pensava fosse amore invece era un calesse. Maria Stella Gelmini è ad un passo dall’addio a Forza Italia. La ministra azzurra, che nelle scorse settimane ha criticato la posizione filo russa assunta da Berlusconi su Forza Italia, giudicandola subalterna alla volontà di Salvini – con il quale non sono mancati scambi di invettive – potrebbe venire sfiduciata dal partito e quindi rimossa su richiesta del Cavaliere dall’Esecutivo Draghi. Ma potrebbe anche andarsene prima lei (in direzione Calenda o Toti?). “Dopo il DDL concorrenza deciderò cosa fare” ha detto la ministra per gli Affari regionali, sempre più lontana da Forza Italia e sempre più in odore di abbandono del partito di cui peraltro è capodelegazione, certa ormai di una non ricandidatura. “Vuole uscire dal partito? Se si mette fuori da FI è fuori anche dal governo. Non ci rappresenta più, va rimossa” avrebbe sentenziato il Cavaliere, irritatissimo non solo per le dichiarazioni della Gelmini – nessuno prima d’ora si era mai spinto a tanto dentro Forza Italia -, ma anche per averle fatte in corrispondenza della convention dei berluscones a Napoli che sarebbe dovuta servire, nelle intenzioni del cerchio magico di Arcore, a rilanciare il partito. Berlusconi, poi, non perdona l’attacco diretto alla sua persona, che va oltre l’atavico attrito della Gelmini con la ormai plenipotenziaria di Forza Italia Licia Ronzulli, intenzionata a condurre FI sulla via di Pontida. Subito si sono scatenati i fedelissimi di Silvio a tentare di gettare acqua sul fuoco. “Quelle di Gelmini sono state dichiarazioni intempestive” si è affrettato a dire Barelli, seguito dall’altro “pompiere” Antonio Tajani. “Nessun Vietnam, nessun caos in Fi” ha detto l’ex presidente del Parlamento europeo. Flavio Cattaneo, da parte sua, ha invitato tutti “a tornare a lavorare sul territorio, basta con pretestuose polemiche”.
Tuttavia, al di là delle belle parole, dentro Forza Italia è caos completo. Su DDL Concorrenza gli azzurri sono in subbuglio, al pari della Lega, per i diktat di Mario Draghi sui balneari. E alla vigilia delle Amministrative a beneficiare di questa confusione potrebbe essere soprattutto Giorgia Meloni, pronta a fare il pieno con Fratelli d’Italia. I ministri leghisti e forzisti sposano, ormai è chiaro, la linea Draghi per il rispetto delle scadenze fissate dalla UE per i fondi del PNNR. Carroccio e azzurri, vicini ad una fusione sebbene Antonio Tajani con cautela parli di “federazione”, sembrano non mollare di un millimetro: “Nessun ordine da Bruxelles e Draghi eviti diktat, occorre tutelare la specificità italiana” dicono all’unisono, e se Draghi porrà la fiducia la maggioranza di governo potrebbe sgretolarsi. Anche se Silvio e Matteo, al contrario delle dichiarazioni di facciata, sono corsi già ai ripari chiedendo di rimandare le decisioni a dopo le elezioni del 12 giugno. Le urne per loro sono un pericolo assai più serio dei diktat di Draghi.