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La scommessa di Giuliano Amato: un nuovo patto tra Stato e mercato

“L’età moderna ha prodotto due grandi invenzioni sociali: lo Stato e il capitalismo. Si tratta di due istituzioni differenziate nelle logiche di funzionamento, nessuna delle quali ha avuto la capacità di escludere l’altra dall’orizzonte della storia: che è anzi interpretabile come una lotta per l’egemonia fra queste modalità d’esistenza, come un loro reciproco avvinghiarsi e combattersi che è anche un reciproco sostenersi e intrecciarsi”. Comincia così la recensione di Carlo Galli su «La Repubblica» all’ultimo libro di Giuliano Amato dal titolo «Bentornato Stato, ma» (Il Mulino). Un’analisi che è diventata una lunga riflessione sul neoliberismo e il funzionamento delle libertà economiche nel nostro Paese, per il quale lo Stato è chiamato come garante esterno.

L’instabilità del neoliberismo «ha accresciuto pericolosamente le disuguaglianze sociali». Non solo: «Per di più, il XXI secolo, con il micidiale susseguirsi di tre crisi – quella finanziaria del 2008, quella pandemica del 2020, non ancora cessata, e la guerra in Ucraina, e con le sanzioni con cui l’Occidente ha risposto all’invasione russa – ha messo a repentaglio molte delle promesse, delle idee, delle prassi, del neoliberismo. E ha visto lo Stato riprendere centralità, farsi carico di problemi che l’economia non può risolvere», spiega Carlo Galli, rimarcando che il rapporto fra Stato Economia è un problema non dei soli Paesi in via di sviluppo. Il libro di Giuliano Amato si interroga proprio su questo con un linguaggio chiaro, alla portata di tutti.

Per Amato Stato e capitalismo possono convivere. «Consapevole che il mercato e il capitalismo hanno sempre avuto bisogno dello Stato, Amato sottolinea che il neoliberismo, prevalentemente anglosassone, non è stato l’unico attore sulla recente scena storico-economica, poiché è stato affiancato da realtà più politiche come l’ordoliberalismo tedesco (su cui è modellato l’euro) e come il “comunismo con caratteristiche cinesi”», si evidenzia nella recensione. L’attenzione si è spostata poi sul ruolo dello Stato, che può orientare il funzionamento del capitalismo; e sul contesto in cui il protagonismo dello Stato si manifesta. Quel che risulta oggi pesante è la burocrazia, «terzo attore, oltre ai politici e agli imprenditori», che rappresenta anche un problema in termini di efficacia.

«Il “ma” del titolo significa che Amato non interpreta il ritorno dello Stato come una definitiva vendetta politica sugli oltranzismi mercatisti del neoliberismo: piuttosto, è un riequilibrio nei corsi e ricorsi delle due funzioni, entrambe indispensabili per le società moderne. E significa che lo Stato – i politici, i burocrati – devono attrezzarsi, intellettualmente e tecnicamente, in vista delle nuove responsabilità», conclude Galli su «La Repubblica». Ed è una responsabilità alla quale, con la crisi ucraina in corso, non bisogna sottrarsi. Una sfida che lo Stato non può disattendere.