Le elezioni in Spagna e prima in Grecia ci dicono che i populisti sovranisti si possono sconfiggere. Questo è un buon segnale verso le europee del 2024 ma non sufficiente e sullo sfondo rimane la fragilità, la parzialità delle proposte a loro alternative sia a livello dei singoli stati nazionali, sia a livello europeo.
PPE, PSE, Renew Europe, nessuno di essi rappresenta il fulcro su cui costruire il futuro politico dell’Europa. I primi due sono ancora infettati dal populismo sovranismo e il terzo è orientato ad una consolatoria equidistanza. Manca sostanzialmente le capacità, la lungimiranza di ridisegnare il sistema politico europeo e conseguentemente dei singoli stati. I due livelli non sono più separabili piaccia o meno.
La spaccatura destra sinistra che abbiamo ereditato dal 900, ormai priva di un qualunque significato, è contrassegnata dai populismi e sovranismi alimentati dai vecchi retaggi culturali, la cui differenziazione è puramente nominalistica e che rappresentano quel mondo illiberale corporativo, assistenzialista, statalista, burocratico dentro cui ancora oggi assistiamo allo sterile gioco tra le parti di destra e sinistra. L’Italia è sicuramente l’esempio più negativo ma non detiene certamente l’esclusiva.
In questo scontro di civiltà in atto tra capitalismo libertà e democrazia contro anticapitalismo, illibertà, dittatura, rispetto a cui, nulla può essere uguale a prima con un mondo da ripensare e in buona parte da ricostruire e riorganizzare, dove la difesa della Persona, la battaglia contro i nemici della libertà, con gli integralisti non finirà con la liberazione dell’Ucraina come del resto non è finita, come ci eravamo illusi, con la fine della guerra fredda, è la politica prima di tutto che va ripensata in quanto strumento primario dell’agire dell’individuo.
In questi ultimi anni ci siamo illusi che liberalismo versus illiberalismo portasse alla definizione di una forza centrale, equidistante dalle vecchie declinazioni di destra e sinistra. Lasciamo perdere la deflagrazione del 45 2, il nodo cruciale che si pone è quale direzione prendere per costruire l’alternativa ai populismi. Non possiamo nasconderci il fatto che ad oggi questa alternativa non c’è e siamo sempre nell’indeterminazione di possibili o meno “federazioni“, di coalizioni non composite che si formano per essere contro qualcuno o qualcosa, tutto supportato da un linguaggio vecchio, inflazionato: moderato, conservatore, progressista, riformista, massimalista e via discorrendo.
La destra liberale sbugiardi la favoletta meloniana
Non è per semplificare ma sono sempre più convinto che l’alternativa ai populisti sovranisti passa nella nuova declinazione di destra e sinistra e soprattutto di destra e il suo nesso indissolubile con il liberalismo. Non una destra moderata, conservatrice, ecc., ma liberale ed è questo che determina il suo essere europeista, atlantista, anti-totalitarista, anti-estremista/fondamentalista. In sostanza, la rivoluzione liberale oggi fondamentale per il futuro dell’Italia, lo è altrettanto per l’Europa intera per vincere lo scontro di civiltà in atto.
Non esistono scorciatoie dettate da alchimie di modifiche istituzionali: come si elegge il primo ministro, o il presidente della commissione europea, alla fine non è una gran figata se i soggetti politici in campo sono gli stessi e lo stesso vale per il finanziamento dei partiti, tanto per rimanere in casa nostra. Il nodo è uno e uno solo: costruire un partito nuovo con nuovo linguaggio, nuova organizzazione, nuova leadership di Destra Liberale che incarni lo scontro di civiltà contro l’illiberalismo comunque etichettato.
Se questo passaggio in Italia ha come punto di partenza o meglio di ripartenza nella rivoluzione liberale di berlusconiana memoria espressa da Forza Italia e che è ormai palese che tutto ciò non passa da Calenda o Renzi, Azione o Italia Viva (di +Europa non vale la pena parlarne), in Europa ci sarebbe più margine di manovra se Renew Europe abbandonasse la logica dell’equidistanza e aprisse al PPE per aiutarlo a eliminare le scorie populiste sovraniste. Macron non è Renzi né Calenda. Almeno questo.