“Quello che allontana la pace va messo in lista di attesa,” dice Matteo Salvini motivando il suo no all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. È l’ennesima marchetta del leghista al regime russo, ma anche un altro occhiolino a Giuseppe Conte, che intanto prosegue sulla linea antidraghista del ‘portiamo il presidente del consiglio in parlamento’ per riferire sulle armi alla Ucraina.
Un lento logoramento del Governo, questo gioco di specchi tra gli ex alleati gialloverdi. Sanno di non poter far cadere Draghi ma ormai hanno deciso di sfruttare la guerra in Ucraina per recuperare consensi. Così, Conte sa di non potersi spingere fino al limite, o lo strappo sarebbe evidente, ed ecco arrivare Salvini. Giocano di sponda, Salvini e Conte, sapendo che il rischio è un gioco al massacro, e che il prezzo di questo stillicidio è travolgere nella instabilità politica il nostro Paese.
Ma torniamo alla marchetta putiniana di Salvini a Putin. Quelle dichiarazioni del leader leghista dimostrano che il Capitano proprio non ha capito che il mondo è cambiato. Salvini continua a ragionare come se Putin fosse ancora un leader credibile, capace di avere e svolgere un ruolo nella comunità internazionale, e non quello che invece di è rivelato: un despota guerrafondaio che ha invaso un altro Paese, dopo la Crimea, dopo la Georgia, nel più totale sprezzo delle relazioni internazionali.
Salvini finge che il regime russo sia ancora quello con cui fino a dieci anni fa europei e americani cercavano di dialogare, pensando, e sbagliando, di integrare Mosca nel fronte europeo, in un sistema di sicurezza comune. Putin ha deciso di far saltare qualsiasi cornice di sicurezza comune. Ha scelto una politica imperiale e la Cina al posto della Europa come alleato. Ecco perché potremo parlare di pace solo quando avremo armi a sufficienza agli ucraini, solo quando il blocco dei Paesi del Nord Europa sarà saldamente integrato nella Nato, cioè solo quando, seguendo la linea della fermezza, fermeremo Putin l’assassino e le sue manie di grandezza.
Intanto però, Salvini continua per quanto gli è possibile a fare il gioco di Putin, accreditandosi come un interlocutore del regime russo. E a giocare con Conte, sfruttando la tragedia ucraina per i calcoli elettorali dell’ex asse gialloverde.