La guerra, l’Italia e una necessaria riflessione sulle forze armate tricolore

di Giulio Luigi Milazzo

Appena qualche settimana fa, tre gruppi portaerei, uno americano, uno francese e uno italiano, hanno tenuto una grande esercitazione nel Mediterraneo. Si trattava della prima volta nella storia che il mare nostrum vedeva una tale concentrazione di forze: naturalmente la cosa non era casuale, ma voleva essere un segnale nei confronti di chi si preparava ad invadere l’Ucraina, show the power lo chiamano i tecnici.

Tutto bene, allora? Non proprio. Tralasciando il contesto internazionale, concentriamoci su come si è presentata la nostra Marina a questo importante appuntamento internazionale. Come ci informa un ottimo articolo di Tiziano Ciocchetti, apparso su una nota rivista di settore, la Marina italiana si è presentata con un portaerei senza aerei e un gruppo scorta senza missili.

La plateale inadeguatezza degli assetti italiani non è passata ovviamente inosservata neanche in ambienti NATO, tanto che il Joint Force Commander di Napoli (JFC-N), ovvero il Comando Operativo Interforze della NATO, dal suo account twitter ufficiale, ha postato un’ironica foto della nostra portaerei Cavour con scritto “How many jets do you see on the deck of the Italian Cavour?” (quanti caccia vedete sul ponte della Cavour?). Il segnale dell’alto Comando NATO è tanto inusuale quanto forte, in qualsiasi altro paese sarebbero cadute teste di ammiragli, capi di Stato Maggiore, sottosegretari e magari anche il ministro avrebbe dovuto dare qualche spiegazione. Ma l’Italia è, e rimane, un paese figlio di radicato antimilitarismo e con una opinione pubblica assolutamente disinteressata al mondo della Difesa, tanto che la risonanza del grido di allarme del JFC-N è stato pressoché inascoltato, caduto e relegato a qualche timido commento di riviste specialistiche.

Questi fatti, invece, dovrebbero indurre una seria riflessione politica sullo stato e sul futuro delle nostre Forze Armate e della Marina in particolare. Abbiamo una flotta numericamente importante, sicuramente da rinnovare in alcune componenti, ma diciamo che in Mediterraneo, almeno sulla carta, giocheremmo comunque un ruolo di primo piano, secondi sicuramente alla Turchia la cui Marina, ricordiamolo, ha cacciato in malo modo, da acque internazionali e ZEE cipriota, la nave SAIPEM 12000 che, appena qualche anno fa, avrebbe dovuto effettuare prospezioni di fondale per conto di ENI con tutte le autorizzazioni del caso da parte del governo cipriota.

Tuttavia, quello dovrebbe più preoccupare la politica, è il trend delle capacità della nostra flotta che, a causa della vetustà delle navi, va via via assottigliandosi inesorabilmente, specie se in rapporto a tutte le altre Marine rivierasche che crescono in numero di assetti, in addestramento e in tecnologia tecnologia. Basti pensare che la Marina egiziana, anche con il nostro contributo di ben due Fregate nuove classe FREMM, “sottratte” alla Marina Italiana, avrà a breve una flotta più ampia e moderna di quella italiana. La marina algerina, invece, si è ormai dotata di una flotta di sommergibili con capacità missilistiche, una capacità che noi non abbiamo perché la parola “missile” sembra un tabù in Italia, mentre. Oltre a quello dei missili, un altro tabù tutto italiano sembra essere rappresentato dalla parola “drone” e infatti la nostra rimane l’unica Marina, fra tutti i paesi sviluppati, a non averne neanche uno da ricognizione, figuriamoci uno armato.

Cosa fare allora? Costruire più navi? Sicuramente sì, come del resto chiede la Marina da tempo e con scarsissimi risultati, ma soprattutto significa rendere almeno efficiente ed efficace quello che abbiamo. Come dovrebbe insegnarci l’episodio stigmatizzato da JFC-N, avere una portaerei senza aerei e navi senza missili è una strategia folle, ci pone in condizione di non essere credibili né con gli alleati né tantomeno con il resto del mondo. In Italia urge una seria riflessione geopolitica per stabilire anzitutto chi vogliamo essere e dove vogliamo andare. Una volta stabilito quale deve essere il ruolo della nostra Marina, ma vale anche per le altre Forze Armate, bisogna agire di conseguenza. Una portaerei senza aerei, così come Fregate o Caccia senza missili, è come una cattedrale abbandonata nel deserto, anche qui, purtroppo, niente di nuovo, visto che l’Italia non è affatto priva di queste cattedrali nel deserto costate miliardi di soldi pubblici per poi essere abbandonate a marcire. Solo che, mentre le comuni cattedrali nel deserto sono nascoste agli occhi del mondo, quelle che navigano sono ben visibili a tutti e non ci rendono certo onore.
Abbiamo discusso di equipaggiamento ma bisognerebbe discutere anche di personale: siamo sicuri che sulle navi ci siano abbastanza persone per farle funzionare come una Nave da Guerra dovrebbe essere in grado di fare? Operatori alle armi, ai radar, ai sonar, ecc, ecc…
Oppure le nostre Unità navigano come se fossero mercantili, costrette a tenere gli apparati del Sistema di Combattimento spenti perché non ci sarebbero sufficienti militari a gestirli? Non possiamo dirlo con certezza, tuttavia, sappiamo che varie organizzazioni sindacali denunciano da anni l’assenza di personale e il conseguente sovra impiego di quello in servizio imbarcato considerato, anche in ambito civile, come lavoro usurante.

Allora anzitutto, efficienza ed efficacia, questo dovrebbe essere l’indirizzo della politica. Investire, anche poco, su quello che già abbiamo e se, come sempre si dice, le risorse non ci sono, allora meglio tagliare alcune navi, accettare di essere una Marina di periferia ma efficiente, piuttosto che una grande Marina con i piedi d’argilla e sbeffeggiata via social da un Alto Comando alleato.
Ci piacerebbe lo scandalo Cavour, che in realtà non c’è stato, fosse comunque motivo di riflessione pubblica e politica anche perché, fra tutte le Forze Armate, la Marina è quella che non ha confini per natura e sarebbe quindi la componente più facilmente integrabile in quello che un giorno, noi lo speriamo, saranno le Forze Armate Europee. Quale ruolo dovremmo giocare, se da protagonisti o da comprimari, in queste future Forze Armate Europee è una cosa che dovremmo decidere oggi, non domani. Di certo presentarsi con un Marina in queste condizioni significa dover accettare un ruolo da comprimari se non da spettatori.