La guerra in Ucraina riaccende la luce sulla necessità dell’Italia di dotarsi di una politica energetica seria

Una nazione senza una politica energetica, è inutile girarci attorno, non è una nazione. La tendenza, tutta italiana, all’immobilismo che da decenni blocca qualsiasi forma di sviluppo energetico, ora che i venti di guerra tra Russia e Ucraina soffiano forti, rischia di costare caro ad un Paese che ha rinunciato a qualsiasi progetto strategico.

E’ chiaro che adesso Putin metterà in atto il ricatto energetico per costringere l’Europa, e l’Italia, a non applicare (o ad applicarle in maniera blanda) le sanzioni necessarie a seguito dell’invasione in Donbass. Lo ha già fatto nei mesi scorsi, mostrando i muscoli e interrompendo la fornitura di gas ripristinata solo a seguito di una mediazione del premier Draghi: che il presidente russo abbia sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico il coltello dalla parte del manico è indubbio. Non è un caso che, nonostante le parole di condanna, Draghi non abbia disdetto l’organizzazione del suo viaggio a Mosca e Roma propenda chiaramente per la carta della diplomazia più che per quella della reazione forte.

Ma la responsabilità di questa situazione è di un paese, il nostro, che al contrario degli altri dell’Unione ha rinunciato ad ampliare e a rilanciare programmi di estrazione del gas nel Mediterraneo e a investire sulla costruzione dei gasdotti. La sindrome di Nimby, la macchinosa e lenta burocrazia, la volontà di dire sempre NO a tutto (compreso il nucleare): questo ha portato l’Italia a importare il 76% dell’energia di cui ha bisogno, quantificati in 30 miliardi l’anno di metri cubi di gas che arrivano (fino a quando?) dalla Russia.

La transizione energetica, la green economy, non possono essere solo pezzi di carta o lo sfoggio delle buone intenzioni. E’ imprescindibile l’aumento della produzione di energie rinnovabili per un paese che voglia dirsi moderno, ma nel 2022 l’Italia non può restare sotto schiaffo della Russia perché la sopravvivenza energetica dipende dagli umori di Puti. E’ necessario ripensare, con criterio, anche al nucleare. E’ necessario investire in infrastrutture: centrali elettriche, gasdotti. Solo così l’Italia sarà davvero libera dai condizionamenti russi.