Se mai ci fosse ancora bisogno di un esempio per dimostrare l’irresponsabilità della politica italiana basta guardare quanto accaduto sulla delega fiscale, affossata definitivamente oggi in Senato, ad un passo dall’approvazione, nonostante le raccomandazioni del premier Draghi su un accordo in extremis.
Parliamo di un provvedimento lungo due anni, due anni andati in fumo insieme alla riforma dell’Irpef, alla definitiva cancellazione dell’Irap, alla revisione dell’Ires, all’introduzione del cashback fiscale (detrazioni incassate subito via app), alla contestata revisione del catasto che doveva mappare gli immobili e scovare quelli fantasma. Senza contare che la delega fiscale era una di quelle riforme previste nel PNRR, seppur non vincolante.
Manco a dirlo, a far saltare il banco sono stati quegli statisti sopraffini della Lega, che ha messo il Senato davanti a un bivio: ok alla delega fiscale solo se passano anche ergastolo ostativo ed equo compenso. “O tutte e tre o niente, prendere o lasciare” è stato in sostanza il ricatto del Carroccio. E il Parlamento ha risposto picche. Ma a farne le spese è stata una riforma a cui il Governo Draghi aveva lavorato quasi due anni e di cui il Paese aveva assoluto bisogno. Neanche l’impegno di Draghi in prima persona a non dare attuazione alla delega, a non mettere in campo i decreti delegati che dovevano poi dettagliare nel concreto quei principi di legge, lasciandoli al successivo governo, hanno calmato gli appetiti degli irresponsabili di Palazzo Madama.
Il centrodestra non la voleva la delega fiscale, era abbastanza chiaro, perché con la speranza di andare a governare dal 26 settembre mira a seguire per il fisco un percorso diverso da quello tracciato da Draghi.