Il politologo Parsi: “L’Ue paga lo scotto della mediocrità merkeliana, la Germania archivi l’Ostpolitik e affronti le sue responsabilità”

“Il problema della Germania è l’involuzione della classe dirigente, diretta conseguenza di un quindicennio di mediocrità merkeliana senza senso della storia”.

Lo scrivevamo qualche giorno fa che, probabilmente, il vero ostacolo al consolidamento dell’Unione europea fosse da ricondurre all’incapacità politica dell’attuale cancelliere Olaf Scholz e, a pensarla cosi, è Vittorio Emanuele Parsi, professore di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano che, contattato da Il Foglio spiega come, proprio con la guerra in Ucraina, la Germania sia entrata in una crisi d’identità.

“L’ordinato mondo che i tedeschi avevano in mente, in cui la sfida principale era la transizione ecologica, è saltato. E non perché quella energetica sia diventata meno importante, anzi: si è sbriciolata l’idea tedesca che tutto si incasella secondo una gerarchia”. Ed ecco che la vera criticità europea, eredità dell’egemonia politico-culturale della Merkel, è venuta a galla. “Si prende energia dalla Russia e si vendono prodotti in Cina. L’asse russo-cinese ora è un incubo”, dice il professor Parsi che, nel suo ultimo libro “Titanic il naufragio dell’ordine liberale”, descrive la fragilità di un sistema occidentale troppo concentrato sull’economia che ha trascurato i rischi politici, come appunto la Russia.

Si pensi che, in un intervento del 2014, visibile su You Tube, dopo l’annessione della Crimea Parsi diceva che la Germania stava sottovalutando la minaccia di Putin e che per l’Europa era vitale sganciarsi dalla dipendenza energetica russa. Profetico, a dir poco. “Bastava guardare la realtà”, sostiene senza autoincensarsi.

Non si voleva vedere la sfida di Putin in Ucraina, dunque, ma si preferiva pensare “massì, diamogli i Sudeti così la smette”’, dice Parsi. “La sensazione è che se Putin fosse riuscito a prendersi tutta l’Ucraina, tutto sarebbe proseguito come prima: abbiamo iniziato a reagire quando ci siamo sorpresi che gli ucraini hanno resistito”.

La Germania, tuttavia, fa orecchie da mercante: non si espone sulle sanzioni sull’energia e dice no alle armi pesanti all’Ucraina. “La Germania è piena di carri armati ma, afferma Parsi, “servono a noi in caso di guerra con i russi’. Ma così facendo la rende più probabile, perché i russi li fa avvicinare. Un’Ucraina indipendente invece li tiene più lontani”. Più che l’opinione pubblica tedesca è la classe dirigente a frenare. “In Germania l’opinione pubblica ha valori democratici molto forti, è formata da anni di educazione a fare i conti con il proprio passato”.

“L’Ue – sostiene Parsi – deve fare pressione sulla Germania sostenendola, per consentire al dibattito tedesco di evolvere. E’ quello che stanno facendo bene i vari Michel, von der Leyen, Borrell, Gentiloni: aiutare la Germania a non deragliare, richiamarla alle sue responsabilità storiche e morali”.

E l’unica strada percorribile è mettere in soffitta l’Ostpolitik. “Un modo per gestire la divergenza, non per inventarsi una convergenza – spiega Parsi – Ora non ha senso. In Ucraina c’è uno scontro tra le società aperte e le autocrazie, che disegnano un futuro in cui non c’è spazio per la libertà. Non si può consentire un avanzamento di quelle posizioni”. Non è retorico, dunque, dire che gli ucraini combattono anche per noi. “Per l’Europa è una linea rossa politica e morale”.