Le continue promesse di Berlusconi, le giravolte di Salvini e le recenti uscite di Meloni che rischiano di far spostare indietro le lancette dell’orologio di un Paese, che grazie a Mario Draghi stava andando spedito, potrebbero sul serio portare l’Italia al default. Gli elettori non sono degli sciocchi e sarà anche per questo che Carlo Calenda, di giorno in giorno, vede salire il consenso per il terzo polo. La scommessa del leader di Azione una sola: portare avanti l’agenda dell’ex numero uno della Bce, che ha ridato credibilità al paese, e ultimare gli obiettivi del Pnrr. Non proposte irrealizzabili, ma iniziative concrete dunque. E abbiamo visto in questi mesi come il pragmatismo di Draghi, cuore pulsante del suo metodo, sia servito all’Italia per uscire dall’emergenza pandemica, accelerare la campagna vaccinale e rilanciare l’economia.
L’unico voto davvero utile, il solo, che con un buon risultato, potrebbe impedire la nascita di un governo di centrodestra, è dunque quello ad Azione-Italia Viva. I due partiti sono accomunati dagli stessi intenti, come ha spiegato a più riprese lo stesso Calenda: «Non è che con Matteo Renzi siamo amici», ma la politica la si fa con chi «condivide quello che dici e noi siamo stati gli unici a continuare a sostenere l’agenda Draghi e l’idea che si debba andare avanti su quella strada. Questo perché un governo di larghe intese è la soluzione più sicura per il paese in vista di una crisi geopolitica e sociale mai vista». Il ragionamento è questo: se il Terzo polo dovesse raggiungere il 10 per cento sarebbe più facile bloccare il governo Meloni e fare un esecutivo che vede alla guida ancora Mario Draghi. Ovviamente è troppo presto fare dei pronostici, ma il fine di Calenda è quello di rivolgersi ai moderati e sottrarre più voti possibile a Forza Italia e al Pd. In altri termini, ottenere la preferenza dei delusi della destra e dei delusi di sinistra.
Si può scrivere tranquillamente che Silvio Berlusconi, in questo senso, sta dando una grande mano a Calenda: il Cavaliere porta avanti una campagna elettorale piena di lusinghe, che non solo non convincono (stando agli ultimi sondaggi), ma che annoiano pure gli elettori, che sembrano stufi delle solite “chiacchiere”. Più duro forse il duello con il Pd, che si sta muovendo in maniera più aggressiva. Letta non ha perso occasione in questi giorni per screditare il terzo polo, dimostrando in filigrana di temere sul serio i rivali, i quali in fatto di programmi sono di gran lunga più attraenti dei Dem, che sembrano aver smarrito sé stessi. Tant’è che oggi il Pd potrebbe chiamarsi tranquillamente Movimento 5 stelle. Un partito dunque che nulla ha a che fare con l’Agenda Draghi. Messa in questi termini sembra davvero la campagna elettorale una partita a due: o vince la Meloni o l’unica alternativa è ancora Draghi, che non pochi rivorrebbero in sella.