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Il partito di Conte e “Dibba”? Proprio l’opposto della moderna destra liberale!

Sarà un giugno caldissimo per Giuseppe Conte. Un mese infuocato per l’avvocato del popolo, che vede in netta difficoltà nei sondaggi il MoVimento. Stare al governo “senza aggettivi” “è un atteggiamento che non sta pagando, è bene capirlo”, viene sottolineato da più parti. E l’ex premier sta ragionando da settimane sul da farsi: per alcuni il 21 giugno sarà l’occasione per ‘fare lo sgambetto’ a Mario Draghi, che sarà a Palazzo Madama per le comunicazioni sulla guerra in Ucraina in vista del Consiglio Europeo previsto per il 23 e 24.

Il M5s potrebbe cercare l’incidente facendo votare una risoluzione contro l’invio di nuove armi a Kiev. Il 12 e il 13 c’è poi il banco di prova delle amministrative e Conte, che non è uno statista in senso stretto, ma neppure un pivello, sa di non doversi aspettare chissà quali risultati. La data da cerchiare in rosso, secondo quanto riferisce «Il Giornale», è quella del 7 giugno.

“Tra una settimana andrà in scena l’ennesima puntata della controversia legale sullo Statuto del M5s e sulla leadership dell’avvocato di Volturara. La palla è di nuovo nelle mani del Tribunale di Napoli, che potrebbe procedere a una sospensiva dei vertici del Movimento e quindi all’annullamento dell’ultimo voto sulle regole interne”, si legge sul quotidiano. L’avvocato del M5s si dice fiducioso, ma supponiamo un altro scenario.

In caso di bocciatura, il nuovo partito di Conte potrebbe seguire una strategia che prevede un allontanamento dal governo Draghi. Un addio che consterebbe di due fasi: prima l’annuncio del ritiro dalla delegazione governativa dei ministri che seguirebbero Conte, infine il vero e proprio passaggio all’opposizione, preludio della caduta dell’esecutivo formatosi il 13 febbraio del 2021. L’idea di un partito tutto suo starebbe seriamente solleticando l’ex premier, che però prima di un passo simile deve fare i conti con la realtà. Ogni parlamentare che lascerebbe il M5s per il partito nuovo partito, “pretenderebbe l’assicurazione della ricandidatura, se non della rielezione blindata”.

Un vero e proprio scisma. A quel punto (e solo a quel punto) Beppe Grillo e Luigi Di Maio potrebbero pensare di dedicarsi alla rifondazione del M5s, facendo votare sulla piattaforma Rousseau il Comitato di Garanzia. Non ci resta dunque che attendere: quel che appare chiaro come il sole è Giuseppe Conte appare oggi sempre più in disparte: è rimasto solo nella difesa del reddito di cittadinanza, le stesse amministrative le sta fronteggiando sul territorio senza alcun aiuto dei vertici del M5s. Senza contare che il leader del Pd Enrico Letta sembra preferire di gran lunga interagire con il sempre più “draghiano” Di Maio anziché con lui. E Alessandro Di Battista? Che farà?