Fondare un partito non è certamente semplice. Sicuramente è un problema di soldi (la politica costa), ma i soldi non sono tutto e un partito può nascere solo se c’è un’idea di società che ne sta alla base. Senza questa, i soldi servono a poco a meno che, Berlusconi docet, c’è la personalizzazione della politica che sovrasta ogni cosa ma che uccide ogni cosa. La Buona Destra un’idea di società c’è l’ha ed è espressa nel libro-manifesto scritto a suo tempo da Filippo e che rappresenta un tassello fondamentale della cultura liberaldemocratica europea. La Buona Destra ha provato a diventare un partito ma non è andata allora. Dove sta scritto però che sarà sempre così. In politica mai dire mai anche se sembra tutto impossibile.
Sicuramente la Buona Destra è rimasta schiacciata tra una destra farlocca e illiberale e una sinistra (riformista o massimalista conta poco e niente) che per decenni ha imposto nell’immaginario collettivo delle persone un’idea di destra, unica possibile, violenta, illiberale, razzista, intollerante. Poi è montata l’idea del “centro” che doveva superare la diatriba destra/sinistra in una sorta di equidistanza magica ma questa si è dissolta rapidamente quando tutto si è trasformato in quel video gioco federazione/partito unico.
La nuova epoca indotta dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione sta sedimentando sotto i nostri piedi, per essere compresa e vissuta consapevolmente richiede nuovi paradigmi e nuovi linguaggi e questi ci sono dentro il nostro libro/manifesto, prendiamone coscienza. Non cerchiamo riferimenti in personaggi del passato, non servono perché quei personaggi sono di un’altra epoca che, bontà loro, non potevano intuire cosa sarebbe il mondo 50 anni dopo. Chi pensa di continuare a vivere in un novecento immaginario, si tratti di contesti aziendali o partitici, è destinato all’estinzione.
La questione centrale è che come la rivoluzione industriale ha determinato l’insorgere del marxismo, il cambiamento in atto oggi ha determinato l’insorgere del neo-populismo. Sono sempre più convinto che populismo e sovranismo trovino le loro radici nella storia del novecento e principalmente nell’ideologia comunista. Ma oggi il neo-populismo assume i connotati di una ideologia che destabilizza la persona in quanto la solleva dal senso di responsabilità nella gestione del cambiamento convincendola che questo è riconducibile ad un complotto di poteri “forti” quanto misteriosi, contro il popolo.
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In un certo senso la fa sentire “ribelle”, una persona che non si sottomette a questo nemico immaginario. Non solo il neo-populismo ha determinato l’omologazione tra le vecchie declinazioni di destra e sinistra ma ha stratificato nella società il rifiuto verso ogni forma di responsabilizzazione. È questo che rappresenta il cuore della nuova ideologia.
La narrazione alternativa non può essere solo trasversale, equidistante, dai vecchi schemi ma deve rappresentare un pensiero nuovo immoderatamente innovatore. Per questo come si fa ad immaginare che la narrazione alternativa sia un’alleanza di reduci del passato, un insieme di polverose sigle, anche se la chiamiamo spirito repubblicano, che utilizza come collante la prima parte della costituzione che ormai non ha più nessuna corrispondenza con la nuova epoca, ma che le polverose sigle hanno contribuito a scrivere?
Come si fa ad immaginare che la narrazione alternativa sia circoscrivibile nella tecnocrazia della competenza? Contestualmente questa non potrà mai emergere dal pensiero contro. L’identità della Buona Destra non emerge nella contrapposizione frontale alla cattiva e fasulla destra. La narrazione alternativa si fonda sul pensiero, sul delineare quella rivoluzione liberale rispetto alla quale il nostro libro/manifesto ne è l’essenza.
Azione rappresenta la rassegnazione rispetto ad una storia che è andata come è andata. È come se anche noi subiamo una forma di deresponsabilizzazione verso le nostre paure. Proviamo a immaginare un nuovo inizio che non parla di Meloni e Schlein o Salvini e Conte e nemmeno di Calenda e Renzi, ma che parla di merito, di opportunità, di un nuovo equilibrio tra desideri e bisogni, tra diritti e doveri, di responsabilità, di antitotalitarismo, di libertà. Non c’è niente da inventare, è già tutto scritto nel nostro manifesto c’è solo da trovare il coraggio di essere coerenti con noi stessi: immoderatamente innovatori.