Il governo ragioni su salario minimo, disoccupati over 40 e tutela della salute mentale

Ancora una volta, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha fatto una dichiarazione infelice, questa volta riguardante il salario minimo, affermando che è una misura tipica dell’Unione Sovietica. Questo tipo di polarizzazione ideologica accade ogni volta che si discute del miglioramento delle condizioni lavorative dei dipendenti privati, sia durante il governo del Centrosinistra che con la destra radicale di Meloni.

Oggi il costo della vita è molto alto e anche coloro che lavorano faticano ad arrivare a fine mese, facendo fronte alle spese quotidiane, bollette e affitti. Tajani sembra non aver mai incontrato famiglie in difficoltà o lunghe code di poveri davanti ai centri d’ascolto e mense della Caritas.

Concordo con Carlo Calenda quando sostiene che in Italia c’è anche il problema del lavoro povero. Molti italiani, nonostante abbiano un lavoro, non riescono a guadagnare 1200 euro netti al mese, e un salario minimo potrebbe evitare lo sfruttamento.

Introdurre il salario minimo è solo uno dei passi possibili per migliorare il mondo del lavoro, ma possiamo anche ridurre il costo del lavoro. Ad esempio, gli esoneri contributivi approvati dalla Commissione Europea a favore degli imprenditori che assumono giovani under 36, NEET e donne in difficoltà nell’inserirsi nel mercato del lavoro sono un passo positivo. Tuttavia, ancora una volta, ci dimentichiamo dei lavoratori over 40, che sono spesso trattati come scarti della società. Perché non prevedere esoneri contributivi per le imprese che assumono persone di esperienza? Queste persone possono dare un ottimo contributo alle aziende, ma il centrodestra sembra considerarle vecchie e non fa nulla per eliminare questa mentalità distorta.

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Un altro problema non affrontato dal governo riguarda la salute mentale dei lavoratori. È facile etichettare come “nullafacenti” coloro che non accettano lavori mal retribuiti, dove si sfrutta il lavoro in nero e si lavora più di dieci ore al giorno. È semplice chiamare “vagabondi” coloro che cercano un equilibrio tra lavoro e vita privata, trascorrendo del tempo con le proprie famiglie e persone care. Questa retorica non appartiene a una destra seria.

I nostri giovani e non solo hanno ragione a rifiutare lavori che non permettono loro di avere una vita privata. Questo non significa essere di sinistra, ma piuttosto sostenere il diritto di essere pagati giustamente per le ore di lavoro svolte. Un eccessivo aumento delle ore di lavoro danneggia sia la produttività che la salute mentale dei lavoratori. Il governo dovrebbe adottare misure per tutelare la salute mentale dei dipendenti privati, facilitando convenzioni aziendali con i centri di psicologia. Molte persone non possono permettersi di pagare un’assistenza psicologica, e le convenzioni con i centri di psicologia potrebbero aiutare a rendere accessibile questa forma di supporto. La tutela della salute mentale dei lavoratori è un fattore che può portare ad un aumento della produttività delle imprese.