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Il fu centrodestra in frantumi: per le Amministrative la spaccatura è servita

La fiction sul sedicente centrodestra unito si colora di un nuovo esilarante episodio. In questi giorni i leader Salvini, Meloni e Berlusconi dovrebbero incontrarsi a ben tre mesi di distanza dall’ultima riunione e dopo il gelo seguito alla rielezione del Capo dello Stato per discutere di Amministrative, dove il rischio di rottura della coalizione si fa sempre più concreto. Il condizionale è d’obbligo visto che già da settimane vengono infatti invocati vertici fantasma il cui immancabile boicottaggio viene rinfacciato ora all’uno ora all’altro membro della coalizione, senza che si capisca più nulla.

Se a livello nazionale sia nel 2018 con il governo gialloverde sia nel 2020 con il Governo Draghi i tre partiti si sono trovati sostanzialmente divisi 2 a 1 tra governo e opposizione pur millantando di essere in coalizione insieme (sembra fantascienza ma tant’è!), alle Amministrative i partiti di centrodestra si erano sempre trovati uniti e perdenti (come nell’ ultima tornata ad esempio). Ora, anche questo tabù sta per essere infranto.

Pomo della discordia principale è la Sicilia, in particolare le comunali di Palermo, dove Lega e Forza Italia intendono sostenere Francesco Cascio mentre Meloni minaccia di sostenere Lagalla. E, in prospettiva regionale, FDI vorrebbe riconfermare la candidatura di Nello Musumeci incontrando l’opposizione degli altri due (ex) sodali. Anche a Verona le cose non vanno proprio benissimo, visto che FDI insiste per la riconferma del sindaco Sboarina, mentre Forza Italia, che in giunta è all’opposizione, non ha alcuna intenzione di sostenere il candidato meloniano. E guarda verso Flavio Tosi, sostenuto dalla Buona Destra.

Insomma, i nodi sono tanti, ma è inutile fare l’analisi delle ragioni e dei torti sulle singole candidature. Non è questo il punto. Il vero nodo politico è che la tanto sbandierata unità del centrodestra non esiste e non può esistere in natura. La paura della sinistra o, peggio, l’attaccamento alla poltrona possono essere buoni collanti nella contingenza, ma non possono reggere per sempre, né sul piano locale né su quello nazionale. Ciò è tanto vero che qualche giorno fa un big di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa ripensando alla rielezione di Mattarella, aveva nuovamente accusato gli alleati di “tradimento”. E, sempre qualche giorno fa, Giorgia Meloni stessa aveva palesato la propria paura circa le intenzioni degli alleati, domandandosi se questi fossero più interessati a sponsorizzare un governo arcobaleno (qualunque cosa volesse intendere) piuttosto che uno di centrodestra.

Ora, in una continua escalation, Fratelli d’Italia minaccia l’Armageddon: la corsa ognun per sé (e Dio per tutti!) alle Politiche. Propaganda per richiamare i dispettosi alleati? Forse. Non sarebbe la prima volta né sarà l’ultima presumibilmente; ma il problema sussiste eccome, perché il centrodestra unito non funziona non esiste e non resiste. È una presa in giro per l’elettorato moderato che stenta sempre di più a riconoscersi in questo “esperimento di ingegneria sociale”, come dimostra l’alto grado di astensionismo. La destra estrema e la destra moderata non possono stare insieme. L’idea stessa di una destra monolitica è – come abbiamo ripetuto tante volte – un bug ideologico perdente, è una anomalia tutta italiana che non può reggere alla luce dei fatti. Per quanto make up si possa utilizzare per imbellettare la coalizione, prima o poi le spaccature vengono fuori. Certo, se fosse una (pseudo-)coalizione seria, queste spaccature avverrebbero sui contenuti, ma visto che di serietà ve ne è poca e di contenuti ancor meno, sembra naturale che la rottura avvenga sulle poltrone, come dei cinquestelle qualsiasi (sarà un caso l’avvicinamento di Conte a Salvini?).

Nel frattempo i leader a dispetto delle presunte intenzioni non riescono manco a incontrarsi o a parlare e prosegue la pantomima sui vertici di coalizione fantasma sul fallimento dei quali ciascuno riversa la colpa sugli altri. Si assiste davvero alle “comiche finali” per riprendere una vecchia espressione di Gianfranco Fini del quale si sente sempre più la mancanza, ogni giorno che passa. Fatto sta che la rottura sembra incombente malgrado i tentativi di gettare acqua sul fuoco da parte della Lega. E, mentre i colonnelli di Fratelli d’Italia si limitano a evocare la crisi finale come una ipotesi possibile, Renato Brunetta è ancora più esplicito. Dalle colonne de Il Foglio, il ministro per la PA parla in modo chiaro di “necessità di riposizionarsi attorno a nuove opzioni strategiche stante la morte del bipolarismo ibrido”, in ciò incontrando nientemeno che il plauso di Andrea Marcucci (PD) (perché pure a sinistra stanno messi maluccio!) per il quale la riforma elettorale in senso proporzionale libererà il sistema politico da alleanze che non stanno più in piedi. Insomma, più chiaro di cosi!!