Gli italiani, da unti a untori

di Francesco Rubera

Il governo in materia sanitaria è stato latitante per 7 mesi, passati in assenza di iniziative. E mentre dopo la prima ondata, Pd e pentastellati hanno esultato al successo, ( successo di che?) forse per il minor danno subito rispetto alle altre nazioni europee ove nessuna restrizione era stata imposta, oggi che c’è un ritorno della pandemia ancora più esponenziale rispetto alla primavera passata, si accusa il cittadino medio, l’uomo della strada di essere un untore.

In realtà, non c’è stato alcun un vero regista in questo film tragico del Covid. È mancata proprio la regia. Un Presidente del Consiglio e una pletora di presidenti di regione e sindaci che dietro e oltre le parole non hanno realizzato altro risultato che: il nulla. Lo Stato non si è imposto, come avrebbe dovuto in questa materia, secondo i poteri attribuiti dalla carta costituzionale. Le regioni, specie quelle guidate da politicanti in carriera, hanno peccato di protagonismo, spesso teatrale, creando altra confusione.

In realtà, se in Italia regna l’entropia è perché nessuno ha mai capito cosa volesse dire la modifica del titolo V della costituzione repubblicana, voluta nel 2001. Il presidente Conte non ha leadership, essendo ostaggio dei pentastellati di origini culturali antieuropeiste. Oggi, in Italia, si è creata una forte frattura sociale che mette in rischio la tenuta stessa del paese, non solo della maggioranza. Una frattura sociale che nasce dal malcontento popolare delle scelte governative che mettono a rischio gran parte del mondo produttivo. Accanto a chi può comodamente lavorare da casa, a chi ha uno stipendio che garantisce una certezza di reddito, esiste chi produce e tiene in vita l’economia di questo paese che rischia di chiudere e mettere a rischio chi vive di stipendio e di pensione: il mondo delle partite IVA.

Una frattura nata da DPCM assolutamente inadeguati a gestire la crisi del Covid che adesso si ripercuote sul tessuto economico del paese e che vede il popolo solidale con l’Italia che produce, schierarsi contro Conte, che scende nei sondaggi. Gli scontri nati nelle città, da scongiurare per il bene della democrazia, rappresentano tuttavia un malcontento dettato dall’incertezza. Una guerra tra poveri, nient’altro che questo: poveri impoveriti sempre di più da scelte di governo inadeguate in nome di una cura che il governo ha rifiutato. E purtroppo gli errori politici li paga il popolo che vota i suoi politici.

I ristoratori perdono dal 100 al 400% del fatturato, con collassi eccessivamente gravosi che porteranno al fallimento parecchie attività. Con essi si ferma tutto l’indotto: dall’industria vitivinicola ai prodotti dell’agricoltura, silvicoltura, industria agricola, produzione di carni e pesca. Le scelte per limitare il contagio appaiono del tutto inadeguate, poiché legate da un lato a norme di “mera raccomandazione” (smart working nelle aziende private), mentre quelle che azzoppano l’economia, con risultati del tutto minimali in termini di espansione del contagio, prevedono pesanti sanzioni del tutto contraddittorie ed “estremamente punitive”(vedi chiusura generalizzata dei locali nonostante gli adeguamenti in materia di sanificazione).

Il DPCM non ha tenuto conto che tanta gente ha investito per adeguare i propri locali di ristorazione, palestre, cinema e bar alle norme di sicurezza anticovid, facendo di tutta l’erba un fascio. Si potevano adeguare i controlli in maniera massiccia, con le forze dell’ordine. Ed invero, pare che si stia facendo una caccia alle streghe per colpire il virus senza seguire una vera strategia da seguire. La chiusura dei ristoranti alle 18.00 non ha una logica spiegabile. La verità è che dopo la prima ondata di Covid si è abbassata la guardia, nessuno si è occupato di intervenire in materia sanitaria per adeguare il deficit di strutture di rianimazione.

Si è pensato ad acquistare banchi per la scuola che non sarebbero serviti nel breve periodo, come l’esperienza ha dimostrato. Secondo la ministra Azzolina “le scuole sono luoghi molto più sicuri di altri luoghi che frequentano i ragazzi nelle ore pomeridiane”, ma i conti non tornano, anzi dicono altro: “ nell’ultima settimana c’è stata una impennata di 4.202 nuovi casi positivi a scuola, pari al 145,2%(fonte ItaliaOggi del 27 ottobre 2020).

E’ questo il prezzo della politica che l’Italia sta pagando, distratta per sette mesi dai problemi del numero dei parlamentari e dai banchi a rotelle nella scuola. Nessuno ha pensato ai trasporti per arrivare a scuola. Nessuno ha pensato ai mezzi per far partire ogni giorno migliaia di italiani che lavorano. E oggi si additano le palestre, i ristoratori e i baristi come e se fossero degli untori e i frequentatori di questi luoghi come degli appestati.

Eppure la via c’era. Erano pronti 38 miliardi del MES per adeguare le strutture sanitarie, unica via che Conte avrebbe dovuto seguire, con tutta la sua platea di virologi e consulenti azzeccagarbugli al seguito, ma questa strategia non ha vinto. Ha vinto il narcisistico senso di cantare vittoria sul recovery fund, che forse vedremo a luglio 2021. Oggi mera propaganda politica.

Se fossero stati disposti con urgenza i fondi del MES in strutture sanitarie e di rianimazione, oggi la seconda ondata di Covid sarebbe stata affrontata con più tranquillità, senza arrecare danni al paese. E mentre in Cina costruivano a marzo la più grossa struttura ospedaliera del mondo in due settimane e noi costruivamo il ponte di Genova in 1 mese per riparare il dramma di Genova (operazione di tempismo propagandistico senza precedenti) oggi stiamo qui a fine ottobre a contare i posti letto insufficienti. Ad accusarci e fare retorica sul MES che declasserebbe il nostro debito pubblico, mentre i debiti ci stanno sommergendo sino al collo, l’economia muore e il Covid continua a mietere vittime e a rendere impossibile la vita nelle sale rianimazione per i flussi di aumento esponenziale dei malati.

E’ sul mancato utilizzo delle risorse del MES che il governo Conte ha la più grossa responsabilità della quale dovrà rendere in conto agli italiani, oramai unti dall’estrema unzione.