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Giorgia applaude Orban. E la destra sovranista rimane putiniana (e anti atlantica)

«Il brodo culturale in cui sguazza la destra sovranista italiana è colmo di nasueabondo filoputinismo. Poco importa se davanti alle telecamere Giorgia Meloni aveva illuso tutti, anche chi scrive, mettendosi a urlare il suo atlantismo e la sua fedeltà ai valori occidentali e di libertà». È un fiume in piena Filippo Rossi nel suo lungo editoriale uscito oggi sull’«HuffPost».

Le belle parole non costano nulla, poi però «arriva la goccia che fa traboccare il vaso dell’ipocrisia e il castello di carta costruito per accreditarsi tra i difensori della libertà agli occhi dei moderati e dell’America crolla miserabilmente», rimarca il fondatore de ‘La Buona Destra’. In che altro modo si può spiegare «il fiume di complimenti per la vittoria dell’alleato Orbán, il leader continentale più orgogliosamente antieuropeo, più orgogliosamente illiberale, più orgogliosamente filorusso, amico dell’aggressore e nemico dichiarato di Zelensky – l’aggredito», si chiede con sdegno il giornalista.

Cosa ha detto Giorgia Meloni? Ripubblichiamo per chi avesse perso il messaggio denso di elogi: “Congratulazioni a Viktor Orbán per la straordinaria vittoria. Per anni lo hanno attaccato per le sue politiche a difesa dei confini e della famiglia, ma nessuno lo ha ringraziato nelle ultime settimane per aver accolto centinaia di migliaia di profughi ucraini. L’Ungheria è membro della Nato e dell’Ue e sta rispettando gli altri impegni assunti. È interesse dell’Europa riappassionare gli ungheresi alla causa comune e chiudere spazi alle ingerenze di Russia e Cina, ma per farlo Bruxelles deve innanzitutto rispettare la loro volontà. Che oggi, ancora una volta, ha parlato chiaro”. Nessuna critica verso il leader ungherese per le sue posizioni decisamente in contrasto con la battaglia che l’Europa sta portando avanti contro Putin. Tantomeno «sul fatto che Orbán abbia deciso di rompere il Patto di Vicegrad proprio nel momento del vero bisogno. Non una sola parola sul suo rifiuto di fornire armi all’Ucraina. Non una sola parola sul fatto che il buon Orbán non ha permesso nemmeno di farle passare sul suo territorio», sottolinea Filippo Rossi.

Il comportamento di Giorgia Meloni, le sue parole come pure i silenzi, possono giustificarsi in una sola maniera: «Tenere insieme ciò che insieme non può proprio stare: scelta atlantica e ideologia illiberale. Il tutto condito dall’esigenza di non allontanarsi troppo da quel sovranismo populista che evidentemente continua a essere caposaldo culturale del suo partito». Ci rendiamo conto? In verità «quasi nulla è cambiato dall’antiamericanismo adolescenziale basato sulla narrazione storica delirante che vuole che a perdere la seconda guerra mondiale sia stata la civiltà europea e non la malattia totalitaria», puntualizza Rossi. È «il solito me-ne-frego da operetta di chi è forte coi deboli e debole coi forti. Un menefreghismo piccolo borghese che nobilita la voglia di girarsi dall’altra parte in modo che Putin possa fare il suo (sporco) lavoro in assoluta tranquillità», insiste il leader della “Buona Destra”.