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Galli della Loggia: “Ci voleva una guerra per ricordarci cosa è una dittatura”

È come se il conflitto in Ucraina avesse fatto cadere il velo di tante ipocrisie e avesse costretto certe “figurine” a guardare in faccia Vladimir Putin, il suo sistema di governo e i suoi valori, che nulla hanno a che fare con la democrazia. Nel suo lungo editoriale uscito su «Il Corriere della Sera» Ernesto Galli della Loggia ammonisce quanti per troppo tempo hanno fatto finta di credere che, un po’ ovunque, dopo la caduta dell’Urss, si fossero delineati dei regimi vicini ai nostri. “Magari con qualche dose di libertà in meno, con un po’ meno libertà di stampa o di riunione, magari con elezioni non proprio irreprensibili come quelle a cui siamo abituati noi, ma insomma pur sempre dei regimi dove vivere sicuri era possibile, dove lo Stato non era il padrone di fatto della vita dei suoi cittadini come accadeva ai tempi di Stalin o di Mao”, sottolinea lo storico.

Un’idea che è stata rafforzata dall’ingresso all’inizio degli anni 2000 della Cina nel Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio: “La falsa equazione liberismo economico=liberalismo politico ha fatto chiudere gli occhi a molti. E così ci siamo convinti che in pratica fossero ormai rimasti solo il radicalismo islamista, i talebani o per altro verso gli ayatollah, aggiunti a qualche oscura tirannide africana, a rappresentare nel mondo la dittatura, la negazione della libertà”, ha spiegato Ernesto Galli della Loggia. Invece no. Il conflitto in Ucraina ha scoperchiato un vaso di Pandora che faceva comodo non vedere.

“Quanti deputati italiani, ad esempio, in tutto questo tempo si sono recati in Russia felici di essere accolti con tutta l’attenzione del caso ma dimentichi che talora le camere d’albergo hanno occhi e orecchie? (…) Allo stesso modo in tanti hanno continuato tranquillamente a fare affari con la Cina fingendo di non sapere che in ogni consiglio d’amministrazione di qualunque azienda cinese siede un funzionario del Partito comunista e che il principale obiettivo del sistema industriale di quel Paese, quando allaccia rapporti con aziende straniere, è impadronirsi del loro know how tecnico; fingendo di non capire quale feroce messaggio fosse contenuto nella richiesta di perdono a cui furono a suo tempo obbligati Dolce&Gabbana per espiare la terribile colpa di aver scelto una pubblicità sgradita a Pechino”, ha rincarato la dose l’editorialista.

C’eravamo scordati cosa volesse dire essere la parola “dittatura”, ci voleva “l’aggressione in Ucraina per ricordarcelo”. Ora tutti son costretti a confrontarsi con l’arroganza di Putin, che negli anni ha maturato “il più profondo disprezzo per il nostro mondo. Per la nostra mancanza ai suoi occhi, di spina dorsale, per la nostra mancanza di fede nei nostri valori e della volontà di difenderli. Da qui, in grande misura, la decisione presa a cuor leggero di farla finita con Zelensky e gli ucraini”, sottolinea con amarezza della Loggia sul «Corriere della Sera». E dargli torto è impossibile…