Bene, facciamo un po’ di magia. Vi presento l’Italia, il paese dove l’austerità sembra essere andata in pensione. Ah, l’ottimismo. È nell’aria, proprio come il profumo del caffè al mattino, e gli italiani stanno sorseggiando felicemente il loro espresso, godendosi il dolce aroma dell’annuncio della fine dell’austerità. Peccato che le cose non siano mai così semplici come sembrano.
Alzate la mano tutti quelli che improvvisamente si ritrovano a dibattere animatamente di politica monetaria al bar, come se fossero nati con un libro di economia in mano. Le ultime mosse della Banca Centrale Europea, specialmente quell’antipatico aumento dei tassi di interesse, hanno sollevato un bel po’ di polvere. Nonostante l’entusiasmo di questi neofiti della finanza, l’economista Elsa Fornero ci riporta con i piedi per terra, ricordandoci che l’inflazione non è un mostro da sconfiggere con un grido di guerra e una spada di plastica, ma una realtà che morde salari e pensioni. E a volte, l’amara medicina dell’austerità è tutto ciò che abbiamo per mantenerla a bada.
A proposito, c’è qualcuno che pensa che il bello dell’abbandono dell’austerità sia un’orgia di spesa pubblica incontrollata? Svegliatevi, gente! Non viviamo in un mondo di unicorni e arcobaleni. Ignorare la disciplina fiscale può essere paragonato a voler attraversare un campo minato bendati, sperando nella buona sorte. Come la Fornero ci ricorda, il bello della “fine dell’austerità” non significa certo fare la spesa senza guardare il conto.
Poi abbiamo le promesse elettorali, quelle belle, colorate, e cosi… irrealizzabili. Quanti di noi non si sono lasciati sedurre dalla speranza di un’Italia senza austerità, senza le sue conseguenze economiche? Ma questo è come promettere una pizza senza calorie. È bello sognarlo, ma alla fine, la realtà ci riporta con i piedi per terra. La Fornero ci avverte che anche la Meloni ha dovuto fare marcia indietro su molte delle sue promesse elettorali. Ammettiamolo, alcune di queste promesse sembravano più irrealizzabili di un unicornio che gioca a calcio.
E quindi, miei cari, concludo dicendo che la fine dell’austerità non è un percorso lastricato di petali di rosa. È una strada stretta, con un precipizio da una parte (l’espansione delle spese pubbliche) e un muro dall’altra (la stabilità fiscale). Non è una passeggiata nel parco, ma una danza su un filo sottile. Quindi, mentre sorseggiamo il nostro caffè, ricordiamoci che per ogni annuncio ottimista c’è sempre un lato meno roseo.
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