Equidistanza pelosa, ovvero quando la piazza pacivendola fa un favore a Putin

Bisogna dirlo in maniera chiara da che parte si vuole stare. Se da quella delle vittime o da quella dei carnefici. Perché l’equidistanza sulla guerra in Ucraina è pericolosa quasi quanto le bombe di Putin.

Ecco perché la mobilitazione di piazza va bene, ma solo se toglie ogni dubbio su chi siano le vittime e chi gli aggressori. Non ha senso, infatti, manifestare per la pace se di fatto il cessate il fuoco non sarebbe altro che una resa dell’Ucraina all’invasore russo. Va bene la diplomazia, ma proprio ora che l’esercito ucraino sta riconquistando pezzo per pezzo i territori occupati dai russi, che si vendicano con crudeli stragi di civili (come se non bastassero le nefandezze già commesse sulla popolazione inerme!) non è pensabile chiedere la loro resa incondizionata. Nè è concepibile che l’Occidente smetta di sostenere gli aggrediti contro gli aggressori.

Sono, pertanto, poco comprensibili le iniziativa pacivendole di piazza di Arci e Acli, che lavorano a una manifestazione arcobaleno in piazza per novembre, preceduta dalla tre giorni dal 21 al 23 ottobre della Rete per la pace e il disarmo. Mentre è del tutto condivisibile la proposta del leader di Azione, Carlo Calenda, che chiama a raccolta tutti i partiti e tutti i cittadini esortandoli a scendere in piazza per l’Ucraina. “Organizziamola insieme” è l’invito di Calenda, mentre il parlamentare dem Pierferdinando Casini si augura invece che le piazze pacifiste, specie quelle di De Luca e Conte, facciano “un chiaro distinguo carnefici-vittime perchè nelle manifestazioni ogni equidistanza sarebbe inaccettabile”.

Ma purtroppo la sensazione è che si vada invece verso l’ennesimo desolante spettacolo del filo puntinismo di piazza mascherato da pacifismo, soprattutto col corteo organizzato dal governatore della Campania Vincenzo De Luca a Napoli il 28 ottobre, “finalizzato a chiedere il cessate il fuoco”, che in realtà significa resa incondizionata dell’Ucraina. Per non parlare della mobilitazione sindacale del 5 novembre a Roma, quando le bandiere arcobaleno si mischieranno con quelle della Fiom, in un groviglio di “pace e lavoro” che non chiarisce comunque se l’appoggio è per i russi o per gli ucraini. La solita equidistanza pelosa del “Nè con Putin nè con la Nato”, come se le responsabilità del più grave conflitto dalla seconda guerra mondiale a oggi non fosse tutta dello zar del Cremlino.