Ecco perché la pace non può essere una resa all’assolutismo di Putin

Tutti auspichiamo la pace, è ovvio, ma la resa incondizionata è tutt’altra cosa.

A spiegare bene quale sia la differenza, è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, parlando dalla Basilica di San Francesco ad Assisi, ha condannato lo spirito di guerra “che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione” e ha aggiunto che per superare la crisi è necessario “abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra”. È su questa base, cioè sulla rinuncia della Russia a insistere nella “prepotenza”, che si può avviare “il dialogo: per interrompere questa spirale”.

E quando Mattarella dice che “pace, libertà, giustizia, democrazia si difendono con strumenti di pace, di libertà, di giustizia e di democrazia” richiama all’esigenza di un assetto non basato sulle minacce e sull’impiego unilaterale della forza aggressiva. Ed è qui che si misura la distanza – si legge oggi sul Foglio – tra azione per la pace (con libertà e giustizia) e il generico pacifismo che non riconosce neppure il diritto di autodifesa delll’aggredito. La pace non si raggiunge senza libertà e giustizia, che sono le basi su cui si può e si deve cercare di aprire un dialogo.

E’ un sentiero stretto, che sembra ostruito in modo formidabile dalle minacce russe che non escludono neppure il conflitto nucleare, ma è l’unica strada che si può percorrere con tenacia e senza rinunciare mai a nessuna occasione.
Dirlo nella Basilica intitolata al patrono d’Italia, di fronte alle massime autorità della Chiesa italiana è assai significativo: la costruzione della pace è un’opera difficile e complessa, un compito al quale non si può mai derogare, perché la pace “è un diritto inscritto nelle coscienze
e rappresenta l’aspirazione più profonda di ogni persona”, proprio per questo va perseguita con gli strumenti della libertà e della giustizia, principi che sono a fondamento della concezione
di persona contenuta nella Costituzione. Questo non è un vincolo o una condizione, è la natura stessa della pace a richiederlo e Mattarella ha fatto benissimo a rimarcarlo in quella sede e in quel momento.