L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha irreversibilmente cambiato l’equilibrio mondiale: nulla sarà più come prima, dalla necessità di un esercito europeo al bisogno di nuovi piani per l’approvvigionamento energetico, in modo da rendere l’Italia e l’Europa autosufficienti e non più in imbarazzo per il ricatto russo.
Si apre, per il nostro Paese, una stagione ancor più difficile di quella legata alla pandemia da cui lentamente e a fatica si sta uscendo, e il populismo del ritrovato asse gialloverde Salvini-Conte non aiuta certo a superare gli scogli che attendono il Governo Draghi, primi fra tutti l’inflazione e l’aumento del costo della vita. Al Paese servono riforme strutturali, ma per prima cosa sono necessari l’aumento dei salari e la cancellazione di mance assistenzialiste e sterili quali il reddito di cittadinanza.
In un quadro di questa portata, meno male che Mario Draghi c’è! Perché ve lo immaginate cosa sarebbe successo se a guidare l’Italia ci fossero stati l’avvocato del popolo o il Kapitano, che ogni giorno fanno a gara a chi la spara più grossa e a chi si pone più contro? Per fortuna che Draghi c’è, e per fortuna che c’è anche un’area Draghi, un “partito” Draghi, che va da Calenda alla Carfagna e la Gelmini (quando si decideranno ad abbandonare Forza Italia), da Matteo Renzi ai leghisti di Giorgetti e Zaia fino alla Buona Destra, un “partito” ha un’impronta fortemente riformista e che può assumersi la responsabilità di guidare il Paese verso il futuro. Un partito europeista che riporti l’Italia al centro dell’Europa.
Le sfide dei prossimi mesi imporranno competenza e visione, ma anche la capacità di far resistere un Paese che va verso una crisi economica importante. E’ per questo che il fronte anti sovranista e anti populista, guidato da Draghi, deve compattarsi per arginare gli estremisti, professionisti dello sfascio, e attuare le riforme. A cominciare da quella elettorale, col ritorno al proporzionale.