Mario draghi

Armi all’Ucraina, Draghi sempre più solo: si guardi le spalle da tutti i partiti

“Com’è difficile restare calmi e indifferenti, mentre tutti intorno fanno rumore”, cantava Franco Battiato. Lo sa bene Mario Draghi, che non può e non vuole sventolare “bandiera bianca”. Tutto perché l’Italia non perda credibilità, resti un interlocutore autorevole per l’Ue e gli Stati Uniti. I partiti però continuano a sgomitare, a sbattere violentemente come uccelli desiderosi di librarsi contro le griglie della gabbia. Eh già, perché la voliera del governo dalle larghe intese ha cominciato ad essere un perimetro troppo ingombrante per tutti. Anche per Enrico Letta, che diciamo, finora, ha tenuto la posizione più seria sulla guerra in Ucraina. “Non governeremo mai più con la Lega né tanto meno con Fratelli d’Italia? Sì, confermo”, ha detto il segretario del Pd rispondendo alle domande dei cronisti al termine del Forum Ansa alla sede dell’Agenzia a Roma. Sull’invasione russa Letta, forse colto da stanchezza, si è lasciato andare nei giorni scorsi ad un’esternazione piuttosto ambigua. Una frase sulle trattative di pace subito spiegata meglio.

Durante un evento elettorale nelle Marche e poi davanti alle telecamere dei tg Enrico Letta ha asserito: “Una pace non completamente giusta è più giusta della continuazione della guerra”. Una citazione che l’ex presidente bosniaco Alija Izetbegović ha pronunciato dopo aver firmato l’accordo di Dayton del 1995 che pose fine alla guerra. Un’uscita che, come scrive Carmelo Palma su «Linkiesta», è arrivata come un assist a Matteo Salvini e Giuseppe Conte, che risultano oggi schierati su una posizione diversa rispetto a quella dettata dal capo dell’esecutivo.

Per evitare malintesi, il leader dei Dem è tornato subito sulla dichiarazione, ammettendo di avere “sintetizzato eccessivamente la frase del leader bosniaco Izetbegovic” e ha rimarcato che per il Pd non c’è “nessun cambio di linea sul no a Putin e sul sostegno all’Ucraina”. Come a voler dire che Mario Draghi non è rimasto solo. Ma è davvero così? Perché sarebbe questa sul serio una cattiva notizia per la nostra democrazia. La prova del nove l’avremo il 21 e 22 giugno, giornate delle Comunicazioni in Aula che il premier dovrà fare in vista del Consiglio Ue.

Il segretario del Carroccio Matteo Salvini auspica che “non ci sia bisogno di votare nessun nuovo invio di armi. Spero che l’unica arma che si voglia usare sia la diplomazia”. Il leader del M5s Giuseppe Conte, assicura che “non c’è alcuna intenzione di far cadere il governo”. L’avvocato del popolo dice addirittura di volerlo rafforzare: “L’Italia deve imprimere una svolta in Europa e in tutti i consessi internazionali. Adesso è il momento della diplomazia”. Come se Mario Draghi avesse sul serio bisogno di un suggeritore. “Solo cinema di bassa qualità, tutta fuffa. Uno show”, le parole di Matteo Renzi, che ha definito i comportamenti di Conte e Salvini “infantili”: “Il 21 giugno non succederà nulla, ma che tristezza questa navigazione di basso profilo. Che tristezza per la politica italiana”, l’osservazione mordace del leader di Italia Viva.