Divieto di porno: che fine ha fatto la Roccella radicale?

Roccella ancora non ce l’ha fatta. Ce la mette tutta ma niente. Nemmeno il supporto del grande esperto del settore, notoriamente conservatore, Rocco Siffredi è bastato per far passare una legge che vieti l’accesso ai siti pornografici (per il momento ai minori). Certo è che se un progetto del genere non riesce ad attecchire nemmeno in paesi illiberali come Iran, Cuba, Russia e Cina cosa possiamo sperare di fare noi? Come pensa Roccella di realizzare il suo sogno in un’Unione Europea con un quadro giuridico che pone dei limiti chiari alla censura digitale? Ed anche fosse, cosa più il ministro contro il potere delle VPN che permettono di accedervi comunque?

Oltre al come è interessante anche indagarsi sul perché. Eugenia Roccella è stata membro di un partito politico che, negli anni Settanta, ha giocato un ruolo chiave nella liberalizzazione della pornografia in Italia. Quel Partito Radicale che ha combattuto per la vendita di riviste e libri pornografici nelle edicole e la proiezione di film per adulti. Questa parte della storia politica italiana è spesso trascurata nelle narrazioni comuni, ma è un capitolo importante nel contesto della liberalizzazione sessuale degli anni Settanta.

Era il partito di Marco Pannella, in prima linea nella battaglia contro la censura della pornografia, non solo come lotta per la libertà di espressione, ma anche per un progetto più ampio di emancipazione dei corpi. Idea che Pannella riteneva radicata nel socialismo ottocentesco, ma che il marxismo aveva abbandonato.

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Certo, il nome di Pannella è indiscutibilmente associato alla pornografia principalmente grazie al suo colpo di genio del 1987: la candidatura di Ilona Staller, nota come Cicciolina. Non si sa se Pannella avesse familiarità con le opere di Guy Debord, il teorico della società dello spettacolo e del situazionismo, o con il filosofo postmoderno Jean Baudrillard. Entrambi avevano previsto che, nella società dello spettacolo o nell’era postmoderna, i confini tra politica e pornografia si sarebbero gradualmente confusi. La candidatura di Cicciolina rappresentò quindi un audace gesto situazionista e postmoderno, mirato a dimostrare quanto fosse “più pura” una pornostar rispetto a un politico di carriera.

Ora, nel mondo anglosassone, si parla di “porno-politics,” un termine che riflette la crescente intersezione tra pornografia e politica. Ma mentre i confini tra questi due mondi sembravano labili negli anni passati, oggi sembrano essersi completamente sfaldati. Fa sorridere che il tentativo di invertire la rotta arrrivi proprio da chi, in teoria, all’epoca appoggiò attivamente queste battaglie.

Come sottolineato da Marco Gervasoni questo è un perfetto esempio di come da “rivoluzionari” si possa diventare “codini”. Certo è che qua siamo davanti ad un bel cambiamento. Difficile trovare continuità tra i due pensieri. Abolire il porno per proteggere? Un po’ da fanatici. E se si dovesse scegliere, sempre meglio fanatici che si battono per fare circolare le riviste e i film, anche quelli porno, rispetto a quelli che sostengono si debbano bruciare.