Distruggere e non costruire: il ghetto estremista da cui la Meloni non è mai uscita

E’ bene chiarirsi subito: anche se Giorgia Meloni dice di aver vinto le elezioni amministrative e lancia la sua OPA sulla premiership, non ha la stoffa per guidare il Paese né la avrà mai. Vincere non basta, per guidare l’Italia occorre convincere e lei, seppur migliore di Matteo Salvini, non convince.

Dopo la sbornia elettorale, la leader di Fratelli d’Italia in due occasioni ha dimostrato la sua scarsa propensione a una leadership nazionale seria: la prima chiedendo agli alleati di staccare la spina al Governo Draghi, la seconda con il discorso tenuto a Marbella a sostegno della campagna elettorale di Macarena Olona, di Vox Spagna, per la carica di governatrice dell’Andalusia.
Pensare di staccare la spina al governo di (quasi) unità nazionale – peraltro a fine mandato – in un contesto di guerra globale, di rischio di recessione economica e con una pandemia alle spalle (ma ancora presente), è evidente sintomo di scarso senso delle istituzioni e di zoppicante patriottismo. Inutile fregiarsi dell’autoinvestitura a “patriota” quando se ne negano i fondamenti stessi. L’amore per la Patria, infatti, non può che essere ricondotto al dovere di unità nazionale e di ricomposizione di un tessuto sociale e comunitario lacerato. Negli ultimi anni si è registrata una integrale polarizzazione del dibattito pubblico su qualsiasi tema, dai vaccini (pro vax vs no vax), alla guerra (pro-Ucraina vs pro-Putin) e via di questo passo, che ha finito per trasformare i cittadini in tifosi, sempre meno consapevoli e sempre più ottusamente identitari. Compito della politica e soprattutto della politica patriottica dovrebbe essere quello di evidenziare ciò che unisce stemperando ciò che divide, e di ricomporre le fratture tribali per generare invece un’identità nazionale e spingere la Patria verso una direzione condivisa e un comune avvenire.

Cioè il contrario di quel che fa la leader di Fratelli d’Italia.

Dimostrazione plastica, il comizio spagnolo, dove Giorgia Meloni esaspera la polarizzazione con un linguaggio plasticamente divisivo. Il Sì contro il No pronunciato con ritmo martellante è l’espressione sonora di una leader che divide invece di unire, che cerca nemici per costruirsi un’identità non condivisa ma rigorosamente (addirittura orgogliosamente) di parte. E allora contrapporre la famiglia naturale alla comunità LGBT+, il cristianesimo all’islam (identificato sic et simpliciter con l’islamismo violento e radicale), il cittadino contro l’immigrato, la finanza contro il popolo ecc. è proprio sintomo dello scarso orizzonte politico in cui si muove la Meloni e della confusione fra patriottismo e nazionalismo. E’ giusto sapere che nell’attuale momento storico, questa confusione può essere fatale per il nostro Paese atteso da sfide piuttosto importanti e che richiederebbero guide di ben altro e diverso spessore.

Certo, tecnicamente a livello comunicativo lo stile meloniano funziona e molto. Il famoso “divide et impera” di latina memoria in fondo è sempre un mantra efficace e vincente, soprattutto per eccitare un consenso emozionale. Ma governare è un’altra cosa e chi si candida a diventare premier dovrebbe saperlo.

Noi – e mi riferisco in particolare a Buona Destra – non possiamo accettare questa impostazione di metodo e di merito. Non possiamo accettare che la politica si riduca a difesa di qualcuno rigorosamente contro qualcun altro. Siamo contrari al sindacalismo politico che con la Meloni sconfina nel tribalismo semantico e concettuale. Tutta roba che poteva andare bene quando la destra italiana stava nel “ghetto della politica” ma che non può funzionare per chi aspira a guidare una nazione importante come l’Italia. Ne dobbiamo dedurre che, evidentemente, a dispetto di tutte le operazioni di make-up, Giorgia Meloni da quel ghetto non è mai uscita. E non è vero che ciò sia solo colpa della sinistra – su cui comunque meglio stendere un velo pietoso – e della sua propaganda antifascista a prescindere. La responsabilità è anche di questo estremismo politico e verbale che riflette uno schema di pensiero arcaico e quasi “clanico”. Una sorta di pregiudiziale per cui bisogna “esser contro” piuttosto che “essere per”, del distruggere invece che del costruire. Appunto, l’esatto opposto del patriottismo. Appunto, l’esatto contrario della Buona Destra.
Ebbene, questo buttarla in caciara, questo trasformare temi importanti in slogan violenti, questo “comiziaccio alla Kyrill” (per citare Giuliano Ferrara), dicono chiaramente che Giorgia Meloni non ha la maturità tale per poter rappresentare la destra italiana e il suo patrimonio di idee e di cultura. E non è solo un problema di endorfine o di dopamina, ma di caratura politica che evidentemente la Meloni non ha.

Ecco perché è necessario che ci sia una Destra che sappia recuperare quel patrimonio per metterlo a disposizione di tutta la comunità nazionale, senza battaglie ideologiche di parte dal sapore stantio. Francamente non ne abbiamo bisogno e onestamente possiamo essere migliori di così.