Dieci anni senza Cossiga, un presidente tanto grande da diventare unico

Parlare e scrivere di Francesco Cossiga è un esercizio estremamente impegnativo, a maggior ragione in occasione di una triste e significativa ricorrenza quale il decennale della sua scomparsa. Ci sono molte penne ben più autorevoli e autorizzate della mia capaci di ricordare degnamente il Presidente emerito, partendo dal fatto che per motivi anagrafici non ho potuto vivere direttamente il lungo e considerevole periodo in cui Cossiga fu assoluto protagonista della scena politica e istituzionale italiana, europea e mondiale: ciò rappresenta per me un motivo di sincero rammarico, guardando con rimpianto a un’epoca storica in cui il livello culturale della nostra classe dirigente tendeva trasversalmente e decisamente verso l’alto, al contrario del desolante panorama che ci regala la stretta attualità.

In cosa Cossiga è stato talmente grande da diventare unico? Proverò a rispondere a tale quesito ripercorrendo il filo che lega il mio stretto rapporto ad alcune persone che a lui furono molto vicine, in un vincolo ben più forte e saldo anche di quelli familiari, e che mi onoro di avere come maestri e punti di riferimento: Piero Testoni, Paolo Naccarato, Angelo Sanza e Gianni Garrucciu.

Da loro mi è stata tramandata una filosofia di politica e di vita imparata alla formidabile scuola Cossighiana di cui ho fatto tesoro, basata su alcuni punti cardine che oggi appaiono quanto mai attuali e che credo andrebbero recuperati per guardare al futuro con una prospettiva di più ampio respiro, rispetto a quel deleterio istinto di sopravvivenza privo di orizzonti che caratterizza troppi tra gli attuali protagonisti dello scenario politico globale.

La straordinaria lungimiranza, la capacità di prevedere i grandi cambiamenti prima che accadessero, l’assoluta libertà intellettuale di esternare sempre il proprio pensiero nella costante e totale coerenza con i suoi ideali rappresentano i tratti distintivi di una personalità fortissima, spesso scambiata dalle menti convenzionali come quella di un folle. Ebbene sì, Cossiga è stato anche un folle: la sua era però una lucida e lungimirante follia ispiratrice, nel solco dell’Umanesimo cristiano di Erasmo da Rotterdam.

Non fu infatti casuale la consuetudine di rapporti del Presidente con Papi e Cardinali, paragonabile a quella che ebbe con i principali statisti mondiali, Reagan e Thatcher in testa, a testimonianza della sensibilità Cossighiana nei confronti dei profondi mutamenti nel mondo occidentale, rappresentata ad esempio dalla rivoluzione liberale e liberista guidata dalla Lady di ferro, a cui fu legatissimo da stima, considerazione e amicizia reciproche. Da questo punto di vista, il rilievo internazionale che seppe ritagliarsi oscurò i suoi predecessori e successori al Quirinale, spesso presunti prigionieri di briglie istituzionali che non sempre furono utilizzate all’insegna di quel supremo interesse nazionale che rappresentò invece la vera stella polare del patriota Cossiga.

Piero Testoni, che di Cossiga è stato l’unico biografo autorizzato e il nipote che sapeva scrivere, ricorda spesso due concetti fondamentali che caratterizzarono la vita del Presidente emerito: la politica, oltre che una passione, è una malattia e una volta presa non è possibile farla passare. Quello politico è un impegno per cui si deve essere pronti a fare delle dolorose rinunce, in una forma di carità che non può essere scissa da una profonda fede laica nei confronti delle istituzioni e dello Stato.

Forse immodestamente mi piace pensare che l’eredità del pensiero Cossighiano con la sua disarmante modernità (basti pensare alle considerazioni sulle criticità della magistratura italiana, da Di Pietro a Palamara, fatte in tempi lontani ma ancora attualissime) passi anche per quel filo che attraverso Piero Testoni, che per me è una sorta di fratello maggiore, porta a rievocarne la grandezza anche chi non ha potuto vivere in diretta la  ultratrentennale, formidabile epopea che vide Cossiga al centro della scena, ben oltre i confini nazionali. Credo che di questo, in una giornata dolorosa come quella odierna, il Presidente emerito da lassù sarà soddisfatto. O almeno lo spero sinceramente.