“Mai detto di voler uscire dall’Euro”. Senza pudore Giorgia Meloni lo afferma davanti a duecento parlamentari, davanti alle telecamere. La memoria corta Meloni non l’ha solo sulle sue dichiarazioni, ma anche sulle capacità di reperire vecchie dichiarazioni grazie a internet e ai social. Ma infondo forse fa bene Giorgia. Da sempre la differenza tra ciò che si promette in campagna elettorale o dalle file dell’opposizione è ben lontano da quella che poi si mostra essere la realtà del governo. E poi, che gli elettori non abbiano una buona memoria (forse la votano perché un po’ ci si rivedono) è cosa risaputa.
Ma non è certo la prima volta che il Presidente del Consiglio dimentica le vecchie promesse. La più significativa inversione di rotta della premier riguarda indubbiamente la sua posizione su Vladimir Putin e la NATO. Benché non abbia mai proposto di abbandonare l’alleanza atlantica, ha criticato vigorosamente le posizioni occidentali nei confronti della Russia. Nel 2014, esprimeva sconcerto per la “leggerezza” con cui l’Unione europea impose sanzioni a Mosca in seguito all’invasione della Crimea. Meloni era convinta che questa mossa andasse contro “il nostro interesse nazionale”.
Due anni dopo, il suo punto di vista rimaneva invariato, tanto che definì “idiozia” la decisione di schierare truppe NATO, compreso un contingente italiano, in Lettonia, considerandola una “provocazione” verso la Russia. Solo nel 2022 la posizione di Fratelli d’Italia si è notevolmente modificata, giorno dell’invasione dell’Ucraina, definita già allora “inaccettabile” e “contro il diritto internazionale”.
E che dire delle promesse economiche? La flat tax per tutti è sparita. Nel 2018 spiccava in cima alle riforme che proponeva Fratelli d’Italia, nel 2022 è diventata flat tax incrementale, nel 2023 è diventata solo fuffa senza alcun valore, un misero accenno che aleggia nel vuoto delle promesse mai mantenute.
Il salto sulla legge Fornero è un altro momento da antologia. Prima la vota in parlamento, addirittura incoraggiando la Fornero a “non perdere una grande occasione per mancanza di coraggio” in nome “dell’equità tra generazioni”. Poi se ne pente, definendola una legge piena di errori. Ma una volta al governo la rafforza eliminando le vie di pensionamento alternative. Molte idee, tutte poco chiare.
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Infine, la pièce de résistance: l’immigrazione. Con la proposta del “blocco navale”, con il pugno duro della legge. Nel 2018 proponeva il “blocco degli sbarchi con respingimenti assistiti e stipula di trattati e accordi con i paesi di origine dei migranti economici”. Però poi succede che bisogna scontrarsi con la realtà. I paesi di provenienza, quando dotati di un governo legittimo capace di controllare il proprio territorio, spesso non hanno motivazioni per sottoscrivere tali accordi. Inoltre, i respingimenti in mare sono chiaramente proibiti dalle norme internazionali, alle quali l’Italia è giuridicamente e moralmente vincolata. Anche per quanto riguarda l’accordo recentemente stipulato con l’Albania, sembra destinato a generare una sorta di ingannevole scambio di arrivi e partenze di migranti, ma alla fine, tali individui dovranno comunque arrivare in Italia.
La verità è che amministrare un Paese come l’Italia richiede competenze ben diverse rispetto a condurre una campagna elettorale permanente, un’attività che ha assorbito gran parte dell’attenzione di Giorgia Meloni per un decennio, dal 2012 all’autunno 2022. È del tutto legittimo rivedere le proprie posizioni e riconoscere la complessità della realtà. Tuttavia, ciò che manca nella narrativa governativa è l’umiltà necessaria quando si è costretti a cambiare direzione. Per fortuna di Giorgia Meloni, la memoria degli elettori sembra essere meno affidabile della sua.